Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: «Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal seno materno, quando io lo vestivo di nubi e lo fasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissato un limite, e gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?».
Salmo Responsoriale Dal Sal 106 (107) R. Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre. Coloro che scendevano in mare sulle navi e commerciavano sulle grandi acque, videro le opere del Signore e le sue meraviglie nel mare profondo. R.
Egli parlò e scatenò un vento burrascoso, che fece alzare le onde: salivano fino al cielo, scendevano negli abissi; si sentivano venir meno nel pericolo. R.
Nell’angustia gridarono al Signore, ed egli li fece uscire dalle loro angosce. La tempesta fu ridotta al silenzio, tacquero le onde del mare. R.
Al vedere la bonaccia essi gioirono, ed egli li condusse al porto sospirato. Ringrazino il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini. R.
Seconda Lettura
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (2Cor 5, 14-17)
Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
VANGELO DEL GIORNO Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4, 35-41)
In quel tempo, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
PAROLE DEL SANTO PADRE «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai. (Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, 27 marzo 2020)
FAUSTI -”Perché siete paurosi così? Come non avete fede?” Chiede Gesù ai suoi. Hanno ascoltato la Sua Parola. Ma l'hanno ricevuta come essa è veramente, quale Parola di Dio che opera in colui che crede? (1Ts 2,13). Dominati dai loro pensieri e dalle loro paure, non hanno ancora fede. Non osano andare a fondo con Lui. Il Battesimo è essere associati a Lui, nella Sua morte e nella Sua Risurrezione. Questo racconto è un'esercitazione battesimale per vedere se la Parola ha prodotto il Suo frutto: la fiducia per abbandonare la propria vita con Lui che dorme e si risveglia. Lo stesso giorno delle “parabole” i discepoli falliscono l'esame. Ma l'esperimento non è inutile ; fa uscire le difficoltà del loro cuore, tardo e lento a credere. La Parola dovrà entrare in tutte le loro paure. Ma prima deve evidenziarle, anzi suscitarle, farle uscire allo scoperto, per poterle vincere. E' notte, sul mare in tempesta Gesù dorme tranquillo. I suoi, che sono con Lui, nelle Sue stesse difficoltà, gridano di angoscia. Non capiscono questo sonno, immagine del Suo abbandono alla morte. Dormendo, Egli realizza la fiducia espressa nelle parabole. I discepoli, al contrario, sono in balia della disperazione. La Parola, caduta sulla via, non è attecchita. E' entrata superficialmente, ma sotto cì'è la pietra del loro cuore, che impedisce loro di affidarsi al Signore. Questa diffidenza può dissolversi solo quando si risponde alla domanda .”Chi è Costui?” L'apparente inazione del Suo sonno è la massima azione in nostro favore . Dorme per essere con noi anche nella valle oscura. E proprio qui si alza con tutta la potenza di JHWH, placando ogni tempesta , anche quella del nostro cuore.
Gesù ci viene rappresentato nel Suo mistero profondo: di notte, mentre dorme Egli è il seme gettato, la Luce nascosta, la forza automatica del Regno, la piccolezza del chicco di senapa. Ma il seme germina morendo, la luce brilla nelle tenebre, la forza vince con la calma, la piccolezza diventa grande albero. Lo constateremo solo al Suo risveglio. I discepoli si chiedono . “Chi è dunque Costui, che anche il vento e il mare Lo ascoltano?” E' la domanda fondamentale del Vangelo. Il discepolo è colui che , dopo aver ascoltato la Parola, si affida a Gesù che dorme, al di là delle proprie paure. Sulla Sua Parola accetta di andare a fondo con Lui – l'alternativa è andare a fondo senza di Lui!- nella speranza di emergere con Lui a vita nuova.
D.ILVO - La barca che compie la traversata del lago può richiamarci simbolicamente il viaggio della vita: la traversata verso la sponda dell’eternità che compie una singola persona, una coppia, una famiglia, una comunità, la Chiesa intera. È un dono immenso - lo si scoprirà meglio in seguito – che sulla barca, compagno di traversata, ci sia Gesù con noi. La sua presenza non ci risparmia pericoli e bufere. Scoppia la tempesta. Non è insolito che sul lago di Tiberiade, a causa della sua particolare conformazione geografica, le acque vengano sconvolte da venti forti e improvvisi. Il “dramma”, come viene narrato dall’evangelista, si snoda in una sequenza di scene costruite sul contrasto. Non può non impressionare la scena iniziale: la barca sta per essere sommersa dalla furia della tempesta, mentre Gesù dorme un sonno profondo e tranquillo. È l’unica volta che nei Vangeli Gesù è presentato mentre dorme. Come interpretare tale sonno? Gesù è veramente stanco. Dopo una giornata di predicazione in cui ha speso tante energie, non avverte neppure il fragore del vento e delle onde. Cogliamo qui la reale umanità di Gesù. Ma dovremmo aggiungere qualche altra spiegazione: Gesù si fida dei suoi, non dubita della loro responsabilità e capacità professionale. Soprattutto, però, il suo atteggiamento pare carico di mistero: il suo sonno tranquillo sembra significare la serena fiducia in Dio, la fiducia del Figlio che si sente protetto e amato dal Padre, tra le sue braccia, anche nell’imperversare della tempesta. La seconda scena – centrale e particolarmente solenne – esprime la tensione fra due atteggiamenti contrastanti: da una parte l’ansietà e la paura di quei pescatori di mestiere che ritengono la situazione irreparabile e scuotono Gesù: “Maestro, non ti importa che siamo perduti?”. Dall’altra parte la sovrana maestà di Gesù che, senza perdere la calma, “si destò, minacciò il vento e disse al mare: ‘Taci, calmati!’. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia”. Contrasto non meno impressionante si coglie tra l’infuriare della tempesta e l’improvvisa, immediata bonaccia. Segue la terza scena. Se al mare sconvolto è subentrata la “quiete dopo la tempesta”, ora l’agitazione sembra trasferirsi nel cuore dei discepoli: un “grande timore” li invade. Un’inquietudine, una paura nuova, molto diversa da quella provocata dalla tempesta sul lago. È il brivido che afferra l’uomo quando sperimenta la presenza del divino. In che senso? Nell’intervento di Gesù i discepoli vedono l’agire onnipotente di Dio. Secondo la concezione biblica, il mare agitato è simbolo di tutte le forze negative, “sataniche”, ostili a Dio e all’uomo. Soltanto Dio può dominarlo e ha su di esso un potere assoluto. È quanto poeticamente afferma Dio stesso nel brano di Giobbe (38, 1.8-11: I lettura):
--> quando il mare nasceva e cominciava a espandersi caoticamente, Lui lo aveva racchiuso entro confini da non varcare. Il Sal. resp. (107,23-31.28-31), poi, è una preghiera di lode e di ringraziamento a Dio dal quale “la tempesta fu ridotta al silenzio”, e da morte sicura furono liberati coloro che viaggiavano sul mare. Ora i discepoli vedono che Gesù esercita il potere stesso di Dio. Gesù dopo aver “minacciato” il mare, ora rimprovera i discepoli: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Credere significa contare su Dio e sulla sua onnipotenza, sentirsi avvolti dalla sua presenza, pur nelle circostanze più tragiche e fin nel naufragio totale dell’esistenza. Presenza di Dio che si attua e opera in Gesù. Guardare soltanto al pericolo e alle forza del male che ci aggrediscono lasciandoci paralizzare dalla paura, e non invece a Gesù, al quale si deve una fiducia senza condizioni e senza limiti; vivere e reagire come se Dio non ci fosse e non fosse qui con noi in Gesù: tutto questo è semplice mancanza di fede. Nella vita della Chiesa, come di ogni credente, la paura deve essere bandita. Non c’è infatti nessuna situazione, per quanto tempestosa, che Gesù non sia in grado di domare. . E tale fiducia vuole partecipare anche a noi. Allora ognuno potrà ripetere in tutta verità col credente dei salmi: “Io resto quieto e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal. 131,2). Come pure: “In pace mi corico e subito mi addormento (senza bisogno di tranquillanti) perché tu solo Signore, fiducioso mi fai riposare”. (Sal. 4,9). La seconda domanda, sulla bocca dei discepoli, riguarda l’identità di Gesù: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”. Davanti alla potenza sovrumana, anzi divina, manifestata da Gesù, il loro interrogativo, colmo di stupore, esprime la ricerca e l’attesa di una risposta. Chi viene in qualunque modo a contatto con Gesù non può sottrarsi a tale domanda. Non può eluderla. È una domanda che, una volta posta sinceramente, impegna in una ricerca che non si arresta più. Una ricerca che diventa scoperta progressiva. Diventa sorpresa continua. Diventa amicizia che cresce. Diventa comunione gioiosa. Così è stato per i primi discepoli. Così può essere per ciascuno di noi. “Chi è costui?” può diventare in modo estremamente personalizzato: “Io chi sono per te?”. Ogni passo che si muove in questo cammino è risposta sempre alla stessa domanda. Una risposta che non riesce mai a essere esaustiva, perché Colui che la provoca è l’infinita meraviglia e l’inesauribile novità di Dio. Non si finisce di conoscerlo. Non si finisce di crescere nel rapporto con Lui. Questo rapporto ce lo richiama san Paolo nella seconda lettura (2Cor. 5,14-17): “L’amore del Cristo”- cioè l’amore che animava Cristo nel soffrire e morire per noi e che il Risorto porta a noi in modo vivo e attuale – “ci possiede”. Questo verbo ha propriamente più di un significato. L’amore che Cristo indirizza a noi ci “contiene”, ci avvolge e così unifica il molteplice della nostra vita riempiendola di senso e di armonia. Un amore, anche, che “coinvolge” i credenti sospingendoli a “non vivere più per se stessi, ma per Colui che è morto e risorto per loro”, condividendo il suo stile di umile servizio, amando col suo stesso amore comunicato a loro. Ecco così delineata l’esistenza cristiana: vivere per Cristo e, in unione con Lui, per i fratelli. “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”. Il credente vive in uno stato di novità permanente. È una persona nuova, che pensa, agisce, ama in modo nuovo, il modo di Gesù. “Il cuore di Paolo era il cuore di Cristo” (s. Giovanni Crisostomo). Non deve valere anche per me e per te? La domanda su Gesù (“Chi è dunque costui?”) è spenta dentro di noi? Oppure rimane viva nel nostro cuore e si esprime nel desiderio e nell’impegno di un rapporto più profondo con Lui? Proviamo a verificare il nostro comportamento durante le tempeste più o meno gravi in cui incorriamo nel cammino della vita. Meritiamo il rimprovero di Gesù.
5 commenti:
LETTURA DEL GIORNO
Prima Lettura
Dal libro di Giobbe
(38, 1.8-11)
Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano:
«Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando usciva impetuoso dal seno materno,
quando io lo vestivo di nubi
e lo fasciavo di una nuvola oscura,
quando gli ho fissato un limite,
e gli ho messo chiavistello e due porte
dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre
e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?».
Salmo Responsoriale
Dal Sal 106 (107)
R. Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.
Coloro che scendevano in mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
videro le opere del Signore
e le sue meraviglie nel mare profondo. R.
Egli parlò e scatenò un vento burrascoso,
che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi;
si sentivano venir meno nel pericolo. R.
Nell’angustia gridarono al Signore,
ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio,
tacquero le onde del mare. R.
Al vedere la bonaccia essi gioirono,
ed egli li condusse al porto sospirato.
Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini. R.
Seconda Lettura
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
(2Cor 5, 14-17)
Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.
Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Marco
(Mc 4, 35-41)
In quel tempo, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
PAROLE DEL SANTO PADRE
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai. (Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, 27 marzo 2020)
FAUSTI -”Perché siete paurosi così? Come non avete fede?” Chiede Gesù ai suoi. Hanno ascoltato la Sua Parola. Ma l'hanno ricevuta come essa è veramente, quale Parola di Dio che opera in colui che crede? (1Ts 2,13).
Dominati dai loro pensieri e dalle loro paure, non hanno ancora fede. Non osano andare a fondo con Lui. Il Battesimo è essere associati a Lui, nella Sua morte e nella Sua Risurrezione.
Questo racconto è un'esercitazione battesimale per vedere se la Parola ha prodotto il Suo frutto:
la fiducia per abbandonare la propria vita con Lui che dorme e si risveglia.
Lo stesso giorno delle “parabole” i discepoli falliscono l'esame.
Ma l'esperimento non è inutile ; fa uscire le difficoltà del loro cuore, tardo e lento a credere.
La Parola dovrà entrare in tutte le loro paure.
Ma prima deve evidenziarle, anzi suscitarle, farle uscire allo scoperto, per poterle vincere.
E' notte, sul mare in tempesta Gesù dorme tranquillo. I suoi, che sono con Lui, nelle Sue stesse difficoltà, gridano di angoscia. Non capiscono questo sonno, immagine del Suo abbandono alla morte. Dormendo, Egli realizza la fiducia espressa nelle parabole.
I discepoli, al contrario, sono in balia della disperazione.
La Parola, caduta sulla via, non è attecchita. E' entrata superficialmente, ma sotto cì'è la pietra del loro cuore, che impedisce loro di affidarsi al Signore.
Questa diffidenza può dissolversi solo quando si risponde alla domanda .”Chi è Costui?”
L'apparente inazione del Suo sonno è la massima azione in nostro favore .
Dorme per essere con noi anche nella valle oscura. E proprio qui si alza con tutta la potenza di JHWH, placando ogni tempesta , anche quella del nostro cuore.
Gesù ci viene rappresentato nel Suo mistero profondo: di notte, mentre dorme Egli è il seme gettato, la Luce nascosta, la forza automatica del Regno, la piccolezza del chicco di senapa.
Ma il seme germina morendo, la luce brilla nelle tenebre, la forza vince con la calma, la piccolezza diventa grande albero. Lo constateremo solo al Suo risveglio.
I discepoli si chiedono . “Chi è dunque Costui, che anche il vento e il mare Lo ascoltano?”
E' la domanda fondamentale del Vangelo.
Il discepolo è colui che , dopo aver ascoltato la Parola, si affida a Gesù che dorme, al di là delle proprie paure. Sulla Sua Parola accetta di andare a fondo con Lui – l'alternativa è andare a fondo senza di Lui!- nella speranza di emergere con Lui a vita nuova.
D.ILVO - La barca che compie la traversata del lago può richiamarci simbolicamente il viaggio della vita: la traversata
verso la sponda dell’eternità che compie una singola persona, una coppia, una famiglia, una comunità, la
Chiesa intera. È un dono immenso - lo si scoprirà meglio in seguito – che sulla barca, compagno di
traversata, ci sia Gesù con noi. La sua presenza non ci risparmia pericoli e bufere. Scoppia la tempesta. Non
è insolito che sul lago di Tiberiade, a causa della sua particolare conformazione geografica, le acque vengano
sconvolte da venti forti e improvvisi.
Il “dramma”, come viene narrato dall’evangelista, si snoda in una sequenza di scene costruite sul contrasto.
Non può non impressionare la scena iniziale: la barca sta per essere sommersa dalla furia della tempesta,
mentre Gesù dorme un sonno profondo e tranquillo. È l’unica volta che nei Vangeli Gesù è presentato
mentre dorme. Come interpretare tale sonno? Gesù è veramente stanco. Dopo una giornata di predicazione in
cui ha speso tante energie, non avverte neppure il fragore del vento e delle onde. Cogliamo qui la reale
umanità di Gesù. Ma dovremmo aggiungere qualche altra spiegazione: Gesù si fida dei suoi, non dubita della
loro responsabilità e capacità professionale. Soprattutto, però, il suo atteggiamento pare carico di mistero: il
suo sonno tranquillo sembra significare la serena fiducia in Dio, la fiducia del Figlio che si sente protetto e
amato dal Padre, tra le sue braccia, anche nell’imperversare della tempesta.
La seconda scena – centrale e particolarmente solenne – esprime la tensione fra due atteggiamenti
contrastanti: da una parte l’ansietà e la paura di quei pescatori di mestiere che ritengono la situazione
irreparabile e scuotono Gesù: “Maestro, non ti importa che siamo perduti?”. Dall’altra parte la sovrana
maestà di Gesù che, senza perdere la calma, “si destò, minacciò il vento e disse al mare: ‘Taci, calmati!’. Il
vento cessò e ci fu grande bonaccia”. Contrasto non meno impressionante si coglie tra l’infuriare della
tempesta e l’improvvisa, immediata bonaccia.
Segue la terza scena. Se al mare sconvolto è subentrata la “quiete dopo la tempesta”, ora l’agitazione sembra
trasferirsi nel cuore dei discepoli: un “grande timore” li invade. Un’inquietudine, una paura nuova, molto
diversa da quella provocata dalla tempesta sul lago. È il brivido che afferra l’uomo quando sperimenta la
presenza del divino. In che senso? Nell’intervento di Gesù i discepoli vedono l’agire onnipotente di Dio.
Secondo la concezione biblica, il mare agitato è simbolo di tutte le forze negative, “sataniche”, ostili a Dio e
all’uomo. Soltanto Dio può dominarlo e ha su di esso un potere assoluto. È quanto poeticamente afferma Dio
stesso nel brano di Giobbe (38, 1.8-11: I lettura):
--> quando il mare nasceva e cominciava a espandersi
caoticamente, Lui lo aveva racchiuso entro confini da non varcare. Il Sal. resp. (107,23-31.28-31), poi, è una
preghiera di lode e di ringraziamento a Dio dal quale “la tempesta fu ridotta al silenzio”, e da morte sicura
furono liberati coloro che viaggiavano sul mare. Ora i discepoli vedono che Gesù esercita il potere stesso di
Dio.
Gesù dopo aver “minacciato” il mare, ora rimprovera i discepoli:
“Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Credere significa contare su Dio e sulla sua onnipotenza,
sentirsi avvolti dalla sua presenza, pur nelle circostanze più tragiche e fin nel naufragio totale dell’esistenza.
Presenza di Dio che si attua e opera in Gesù. Guardare soltanto al pericolo e alle forza del male che ci
aggrediscono lasciandoci paralizzare dalla paura, e non invece a Gesù, al quale si deve una fiducia senza
condizioni e senza limiti; vivere e reagire come se Dio non ci fosse e non fosse qui con noi in Gesù: tutto
questo è semplice mancanza di fede. Nella vita della Chiesa, come di ogni credente, la paura deve essere
bandita. Non c’è infatti nessuna situazione, per quanto tempestosa, che Gesù non sia in grado di domare.
. E tale fiducia vuole partecipare anche a noi. Allora ognuno potrà ripetere in tutta
verità col credente dei salmi: “Io resto quieto e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal.
131,2). Come pure: “In pace mi corico e subito mi addormento (senza bisogno di tranquillanti) perché tu
solo Signore, fiducioso mi fai riposare”. (Sal. 4,9).
La seconda domanda, sulla bocca dei discepoli, riguarda l’identità di Gesù: “Chi è dunque costui, che
anche il vento e il mare gli obbediscono?”. Davanti alla potenza sovrumana, anzi divina, manifestata da
Gesù, il loro interrogativo, colmo di stupore, esprime la ricerca e l’attesa di una risposta. Chi viene in
qualunque modo a contatto con Gesù non può sottrarsi a tale domanda. Non può eluderla. È una domanda
che, una volta posta sinceramente, impegna in una ricerca che non si arresta più. Una ricerca che diventa
scoperta progressiva. Diventa sorpresa continua. Diventa amicizia che cresce. Diventa comunione gioiosa.
Così è stato per i primi discepoli. Così può essere per ciascuno di noi. “Chi è costui?” può diventare in modo
estremamente personalizzato: “Io chi sono per te?”. Ogni passo che si muove in questo cammino è risposta
sempre alla stessa domanda. Una risposta che non riesce mai a essere esaustiva, perché Colui che la provoca
è l’infinita meraviglia e l’inesauribile novità di Dio. Non si finisce di conoscerlo. Non si finisce di crescere
nel rapporto con Lui.
Questo rapporto ce lo richiama san Paolo nella seconda lettura (2Cor. 5,14-17): “L’amore del Cristo”- cioè
l’amore che animava Cristo nel soffrire e morire per noi e che il Risorto porta a noi in modo vivo e attuale –
“ci possiede”. Questo verbo ha propriamente più di un significato. L’amore che Cristo indirizza a noi ci
“contiene”, ci avvolge e così unifica il molteplice della nostra vita riempiendola di senso e di armonia. Un
amore, anche, che “coinvolge” i credenti sospingendoli a “non vivere più per se stessi, ma per Colui che è
morto e risorto per loro”, condividendo il suo stile di umile servizio, amando col suo stesso amore
comunicato a loro. Ecco così delineata l’esistenza cristiana: vivere per Cristo e, in unione con Lui, per i
fratelli.
“Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”. Il
credente vive in uno stato di novità permanente. È una persona nuova, che pensa, agisce, ama in modo
nuovo, il modo di Gesù. “Il cuore di Paolo era il cuore di Cristo” (s. Giovanni Crisostomo). Non deve valere
anche per me e per te?
La domanda su Gesù (“Chi è dunque costui?”) è spenta dentro di noi? Oppure rimane viva nel nostro
cuore e si esprime nel desiderio e nell’impegno di un rapporto più profondo con Lui?
Proviamo a verificare il nostro comportamento durante le tempeste più o meno gravi in cui incorriamo
nel cammino della vita. Meritiamo il rimprovero di Gesù.
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