giovedì 28 dicembre 2023

MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO


 




 

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Antifona
Salve, Madre santa: hai dato alla luce il Re
che governa il cielo e la terra nei secoli dei secoli.

Oppure:

Oggi la luce splenderà su di noi: è nato per noi il Signore.
Il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Il suo regno non avrà fine. (Cf. Is 9,1.5; Lc 1,33).
GLORIA
O Dio, che nella verginità feconda di Maria
hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna,
fa’ che sperimentiamo la sua intercessione,
poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita,
Gesù Cristo, tuo Figlio.
Egli è Dio, e vive e regna con te.


Prima Lettura
Porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò.
Dal libro dei Numeri
Nm 6, 22-27

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: "Così benedirete gli Israeliti: direte loro:

Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace".
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 66 (67)
R. Dio abbia pietà di noi e ci benedica.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. R.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. R.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. R.

Seconda Lettura
Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Gal 4,4-7

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli.
E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!».
Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Molte volte e in diversi modi nei tempi antichi
Dio ha parlato ai padri per mezzo dei profeti;
ultimamente, in questi giorni,
ha parlato a noi per mezzo del Figlio. (Eb 1,1-2)

Alleluia.

Vangelo
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Parola del Signore.

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OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

1°- 1- 2022
I pastori trovano «Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16). La mangiatoia è segno gioioso per i pastori: è la conferma di quanto avevano appreso dall’angelo (cfr v. 12), è il luogo dove trovano il Salvatore. Ed è anche la prova che Dio è accanto a loro: nasce in una mangiatoia, oggetto a loro ben noto, dimostrando così di essere vicino e familiare. Ma la mangiatoia è segno gioioso anche per noi: Gesù ci tocca il cuore nascendo piccolo e povero, ci infonde amore anziché timore. La mangiatoia ci anticipa che si farà cibo per noi. E la sua povertà è una bella notizia per tutti, specialmente per chi è ai margini, per i rifiutati, per chi al mondo non conta. Dio viene lì: nessuna corsia preferenziale, nemmeno una culla! Ecco la bellezza di vederlo adagiato in una mangiatoia.

Ma per Maria, Santa Madre di Dio, non è stato così. Lei ha dovuto sostenere “lo scandalo della mangiatoia”. Anche lei, ben prima dei pastori, aveva ricevuto l’annuncio di un angelo, che le aveva detto parole solenni, parlandole del trono di Davide: «Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre» (Lc 1,31-32). E ora lo deve deporre in una mangiatoia per animali. Come tenere insieme il trono del re e la povera mangiatoia? Come conciliare la gloria dell’Altissimo e la miseria di una stalla? Pensiamo al disagio della Madre di Dio. Che cosa c’è di più duro per una madre che vedere il proprio figlio soffrire la miseria? C’è da sentirsi sconfortati. Non si potrebbe rimproverare Maria se si fosse lamentata di tutta quella inattesa desolazione. Ma lei non si perde d’animo. Non si sfoga, ma sta in silenzio. Sceglie una parte diversa rispetto alla lamentela: «Maria, da parte sua, – dice il Vangelo – custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19).

È un modo di fare diverso da quello dei pastori e della gente. Loro raccontano a tutti ciò che hanno visto: l’angelo apparso nel cuore della notte, le sue parole intorno al Bambino. E la gente, all’udire queste cose, è presa da stupore (cfr v. 18): parole e meraviglia. Maria, invece, appare pensosa. Custodisce e medita nel cuore. Sono due atteggiamenti diversi che possiamo riscontrare anche in noi. Il racconto e lo stupore dei pastori ricorda la condizione degli inizi nella fede. Lì è tutto facile e lineare, si è rallegrati dalla novità di Dio che entra nella vita, portando in ogni aspetto un clima di meraviglia. Mentre l’atteggiamento meditante di Maria è l’espressione di una fede matura, adulta, non degli inizi. Di una fede che non è appena nata, di una fede che è diventata generativa. Perché la fecondità spirituale passa attraverso la prova. Dalla quiete di Nazaret e dalle trionfanti promesse ricevute dall’angelo – il suo inizio – Maria si trova ora nella buia stalla di Betlemme. Ma è lì che dona Dio al mondo. E mentre altri, di fronte allo scandalo della mangiatoia, sarebbero stati presi dallo sconforto, lei no: custodisce meditando.

Impariamo dalla Madre di Dio questo atteggiamento: custodire meditando. Perché anche a noi capita di dover sostenere certi “scandali della mangiatoia”. Ci auguriamo che tutto vada bene e poi arriva, come un fulmine a ciel sereno, un problema inaspettato. E si crea un urto doloroso tra le attese e la realtà. Capita anche nella fede, quando la gioia del Vangelo viene messa alla prova da una situazione dura in cui ci si trova a camminare. Ma oggi la Madre di Dio ci insegna a trarre beneficio da questo urto. Ci mostra che è necessario, che è la via stretta per arrivare alla meta, la croce senza la quale non si risorge. È come un parto doloroso, che dà vita a una fede più matura.




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-->Mi domando, fratelli e sorelle, come compiere questo passaggio, come superare l’urto tra l’ideale e il reale? Facendo, appunto, come Maria: custodendo e meditando. Anzitutto Maria custodisce, cioè non disperde. Non respinge ciò che accade. Conserva nel cuore ogni cosa, tutto ciò che ha visto e sentito. Le cose belle, come quello che le aveva detto l’angelo e ciò che le avevano raccontato i pastori. Ma anche le cose difficili da accettare: il pericolo corso per essere rimasta incinta prima del matrimonio, ora l’angustia desolante della stalla dove ha partorito. Ecco che cosa fa Maria: non seleziona, ma custodisce. Accoglie la realtà come viene, non tenta di camuffare, di truccare la vita, custodisce nel cuore.

E poi c’è il secondo atteggiamento. Come custodisce Maria? Custodisce meditando. Il verbo impiegato dal Vangelo evoca l’intreccio tra le cose: Maria mette a confronto esperienze diverse, trovando i fili nascosti che le legano. Nel suo cuore, nella sua preghiera compie questa operazione straordinaria: lega le cose belle e quelle brutte; non le tiene separate, ma le unisce. E per questo Maria è la Madre della cattolicità. Possiamo, forzando il linguaggio, dire che per questo Maria è cattolica, perché unisce, non separa. E così afferra il senso pieno, la prospettiva di Dio. Nel suo cuore di madre comprende che la gloria dell’Altissimo passa dall’umiltà; accoglie il disegno della salvezza, per il quale Dio si doveva posare su una mangiatoia. Vede il Bambino divino fragile e tremante, e accoglie il meraviglioso intreccio divino tra grandezza e piccolezza. Così custodisce Maria, meditando.

Questo sguardo inclusivo, che supera le tensioni custodendo e meditando nel cuore, è lo sguardo delle madri, che nelle tensioni non separano, le custodiscono e così cresce la vita. È lo sguardo con il quale tante madri abbracciano le situazioni dei figli. È uno sguardo concreto, che non si fa prendere dallo sconforto, che non si paralizza davanti ai problemi, ma li colloca in un orizzonte più ampio. E Maria va così, fino al calvario, meditando e custodendo, custodisce e medita. Vengono in mente i volti delle madri che assistono un figlio malato o in difficoltà. Quanto amore c’è nei loro occhi, che mentre piangono sanno infondere motivi per sperare! Il loro è uno sguardo consapevole, senza illusioni, eppure al di là del dolore e dei problemi offre una prospettiva più ampia, quella della cura, dell’amore che rigenera speranza. Questo fanno le madri: sanno superare ostacoli e conflitti, sanno infondere pace. Così riescono a trasformare le avversità in opportunità di rinascita e in opportunità di crescita. Lo fanno perché sanno custodire. Le madri sanno custodire, sanno tenere insieme i fili della vita, tutti. C’è bisogno di gente in grado di tessere fili di comunione, che contrastino i troppi fili spinati delle divisioni. E questo le madri sanno farlo.

Il nuovo anno inizia nel segno della Santa Madre di Dio, nel segno della Madre. Lo sguardo materno è la via per rinascere e crescere. Le madri, le donne guardano il mondo non per sfruttarlo, ma perché abbia vita: guardando con il cuore, riescono a tenere insieme i sogni e la concretezza, evitando le derive del pragmatismo asettico e dell’astrattezza. E la Chiesa è madre, è madre così, la Chiesa è donna, è donna così. Per questo non possiamo trovare il posto della donna nella Chiesa senza rispecchiarla in questo cuore di donna-madre. Questo è il posto della donna nella Chiesa, il gran posto, dal quale derivano altri più concreti, più secondari. Ma la Chiesa è madre, la Chiesa è donna. E mentre le madri donano la vita e le donne custodiscono il mondo, diamoci da fare tutti per promuovere le madri e proteggere le donne. Quanta violenza c’è nei confronti delle donne! Basta! Ferire una donna è oltraggiare Dio, che da una donna ha preso l’umanità, non da un angelo, non direttamente: da una donna. Come da una donna, la Chiesa donna, prende l’umanità dei figli.

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-->All’inizio del nuovo anno mettiamoci sotto la protezione di questa donna, la Santa Madre di Dio che è nostra madre. Ci aiuti a custodire e meditare ogni cosa, senza temere le prove, nella gioiosa certezza che il Signore è fedele e sa trasformare le croci in risurrezioni. Anche oggi invochiamola come fece il Popolo di Dio a Efeso. Ci mettiamo tutti in piedi, guardiamo la Madonna, e come fece il popolo di Dio a Efeso, ripetiamo tre volte il suo titolo di Madre di Dio. Tutti insieme: “Santa Madre di Dio, Santa Madre di Dio, Santa Madre di Dio!”. Amen.

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OMELIA - BENEDETTO XVI
1° - 1 - 2013
«Dio ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto». Così abbiamo acclamato, con le parole del Salmo 66, dopo aver ascoltato nella prima Lettura l’antica benedizione sacerdotale sul popolo dell’alleanza. E’ particolarmente significativo che all’inizio di ogni nuovo anno Dio proietti su di noi, suo popolo, la luminosità del suo santo Nome, il Nome che viene pronunciato tre volte nella solenne formula della benedizione biblica. E non meno significativo è che al Verbo di Dio – che «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» come la «luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9.14) – venga dato, otto giorni dopo il suo natale – come ci narra il Vangelo di oggi – il nome di Gesù (Lc 2,21)....
Nonostante il mondo sia purtroppo ancora segnato da «focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualistica espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato», oltre che da diverse forme di terrorismo e di criminalità, sono persuaso che «le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimoniano l’innata vocazione dell’umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata. L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio. Tutto ciò mi ha suggerito di ispirarmi per questo Messaggio alla parole di Gesù Cristo: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9)» (Messaggio, 1). Questa beatitudine «dice che la pace è dono messianico e opera umana ad un tempo …E’ pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. E’ pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato» (ibid., 2 e 3). Sì, la pace è il bene per eccellenza da invocare come dono di Dio e, al tempo stesso, da costruire con ogni sforzo.

Ci possiamo chiedere: qual è il fondamento, l’origine, la radice di questa pace? Come possiamo sentire in noi la pace, malgrado i problemi, le oscurità, le angosce? La risposta ci viene data dalle Letture della liturgia odierna. I testi biblici, anzitutto quello tratto dal Vangelo di Luca, poc’anzi proclamato, ci propongono di contemplare la pace interiore di Maria, la Madre di Gesù. Per lei si compiono, durante i giorni in cui «diede alla luce il suo figlio primogenito» (Lc 2,7), tanti avvenimenti imprevisti: non solo la nascita del Figlio, ma prima il viaggio faticoso da Nazaret a Betlemme, il non trovare posto nell’alloggio, la ricerca di un rifugio di fortuna nella notte; e poi il canto degli angeli, la visita inaspettata dei pastori. In tutto ciò, però, Maria non si scompone, non si agita, non è sconvolta da fatti più grandi di lei; semplicemente considera, in silenzio, quanto accade, lo custodisce nella sua memoria e nel suo cuore, riflettendovi con calma e serenità. E’ questa la pace interiore che vorremmo avere in mezzo agli eventi a volte tumultuosi e confusi della storia, eventi di cui spesso non cogliamo il senso e che ci sconcertano.

Il brano evangelico termina con un accenno alla circoncisione di Gesù. Secondo la Legge di Mosè, dopo otto giorni dalla nascita, un bambino doveva essere circonciso, e in quel momento gli veniva dato il nome. Dio stesso, mediante il suo messaggero, aveva detto a Maria – e anche a Giuseppe – che il nome da dare al Bambino era «Gesù» (cfr Mt 1,21; Lc 1,31); e così avviene. Quel nome che Dio aveva già stabilito prima ancora che il Bambino fosse concepito, ora gli viene dato ufficialmente nel momento della circoncisione. E questo segna una volta per sempre anche l’identità di Maria: lei è «la madre di Gesù», cioè la madre del Salvatore, del Cristo, del Signore. Gesù non è un uomo come qualunque altro, ma è il Verbo di Dio, una delle Persone divine, il Figlio di Dio: perciò la Chiesa ha dato a Maria il titolo di Theotokos, cioè «Madre di Dio».




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-->La prima Lettura ci ricorda che la pace è dono di Dio ed è legata allo splendore del volto di Dio, secondo il testo del Libro dei Numeri, che tramanda la benedizione usata dai sacerdoti del popolo d’Israele nelle assemblee liturgiche. Una benedizione che per tre volte ripete il nome santo di Dio, il nome impronunciabile, e ogni volta lo collega con due verbi indicanti un’azione a favore dell’uomo: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (6,24-26). La pace è dunque il culmine di queste sei azioni di Dio a nostro favore, in cui Egli rivolge a noi lo splendore del suo volto.Per la Sacra Scrittura, contemplare il volto di Dio è somma felicità: «Lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto», dice il Salmista (Sal 21,7). Dalla contemplazione del volto di Dio nascono gioia, sicurezza e pace. Ma che cosa significa concretamente contemplare il volto del Signore, così come può essere inteso nel Nuovo Testamento? Vuol dire conoscerlo direttamente, per quanto sia possibile in questa vita, mediante Gesù Cristo, nel quale si è rivelato. Godere dello splendore del volto di Dio vuol dire penetrare nel mistero del suo Nome manifestatoci da Gesù, comprendere qualcosa della sua vita intima e della sua volontà, affinché possiamo vivere secondo il suo disegno di amore sull’umanità. Lo esprime l’apostolo Paolo nella seconda Lettura, tratta dalla Lettera ai Galati (4,4-7), parlando dello Spirito che, nell’intimo dei nostri cuori, grida: «Abbà! Padre!». E’ il grido che sgorga dalla contemplazione del vero volto di Dio, dalla rivelazione del mistero del Nome. Gesù afferma: «Ho manifestato il tuo nome agli uomini» (Gv 17,6). Il Figlio di Dio fattosi carne ci ha fatto conoscere il Padre, ci ha fatto percepire nel suo volto umano visibile il volto invisibile del Padre; attraverso il dono dello Spirito Santo riversato nei nostri cuori, ci ha fatto conoscere che in Lui anche noi siamo figli di Dio, come afferma san Paolo nel brano che abbiamo ascoltato: «Che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo figlio, il quale grida: Abbà! Padre!» (Gal 4,6).

Ecco, cari fratelli, il fondamento della nostra pace: la certezza di contemplare in Gesù Cristo lo splendore del volto di Dio Padre, di essere figli nel Figlio, e avere così, nel cammino della vita, la stessa sicurezza che il bambino prova nelle braccia di un Padre buono e onnipotente. Lo splendore del volto del Signore su di noi, che ci concede pace, è la manifestazione della sua paternità; il Signore rivolge su di noi il suo volto, si mostra Padre e ci dona pace. Sta qui il principio di quella pace profonda - «pace con Dio» - che è legata indissolubilmente alla fede e alla grazia, come scrive san Paolo ai cristiani di Roma (cfr Rm 5,2). Niente può togliere ai credenti questa pace, nemmeno le difficoltà e le sofferenze della vita. Infatti, le sofferenze, le prove e le oscurità non corrodono, ma accrescono la nostra speranza, una speranza che non delude perché «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).

La Vergine Maria, che oggi veneriamo con il titolo di Madre di Dio, ci aiuti a contemplare il volto di Gesù, Principe della Pace. Ci sostenga e ci accompagni in questo nuovo anno; ottenga per noi e per il mondo intero il dono della pace. Amen!

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FAUSTI – Il centro di questi primi capitoli è la conoscenza “tattile”di Dio che ha Maria nel generare, fasciare e deporre il suo figlio nella mangiatoia. La scena che ci è data da contemplare è il fatto storico , unico, accaduto duemila anni fa, prima narrato , poi annunciato come segno che dà significato a tutta la storia, e infine vissuto dai pastori..
Attraverso il racconto che per prima Maria ha fatto a Luca, pastore diventato annunciatore, che lo ha trasmesso a noi, anche noi siamo chiamati a contemplare e toccare con Lei lo stesso Verbo della Vita. “ Fu partorito per voi oggi un Salvatore che è Cristo Signore”
Come i primi discepoli da pescatori diverranno pescatori di uomini, così è da scorgere in questi pastori coloro che poi saranno i pastori della chiesa di Dio. Sono i primi che hanno creduto alla Parola, hanno trovato il Bambino, Lo riconoscono come Salvatore e Lo annunciano..
I pastori, che vanno senza indugio, sono modelli di fede.
Essa porta speditamente alla scoperta di ciò che è avvenuto.
Il fatto, anche se rivelato dall'Annuncio, senza fede resta nascosto.
Solo questa lo fa scoprire.
I pastori vedono la realtà di ciò che il Signore ha fatto loro conoscere dall'annuncio degli Angeli.
I pastori hanno ricevuto l'annuncio, hanno creduto e hanno visto; ora annunciano a loro volta.
Ciò che gli Angeli hanno fatto in cielo, i pastori continuano a farlo sulla terra: diventano angeli, mediatori della Parola, per portare altri a vedere ciò che Dio ha promesso.
Si profila la dinamica missionaria della Chiesa, è una Chiesa di poveri e ultimi, come l'Annunciato stesso, : l'annuncio porta all'ascolto , l'ascolto alla visione che dilata lo spazio della Comunità fino agli estremi confini della terra e apre il tempo all'eternità. .
La prima reazione al loro annuncio è meraviglia. E' il primo gradino di un cuore che si apre ad accogliere qualcosa di nuovo, per lui incredibile.
Maria viene presentata come il credente che, pur conoscendo bene i fatti, non può mai prescindere dalla Parola ascoltata. Essa contiene sempre i misteri più profondi da vedere.
Per questo conserva queste Parole, le serba con sé come tesoro intimo del suo cuore – dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore – e le confronta, le medita e le incontra.
Tutto il vangelo presenterà queste Parole da ascoltare, accogliere, conservare, incontrare, misurare, comprendere, combinare fra loro, in una crescita continua, che fa germinare la pienezza del dono, i misteri stessi del Regno di Dio (8,10).
La nostra visione viene dall'ascolto di queste Parole, e sarà sempre frammentaria,
“come in uno specchio, in maniera confusa”.
Solo alla fine sarà ricomposto nel nostro cuore quel volto che vedremo “faccia a faccia”(1Cor 13,12).

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Maria, donna del primo sguardo
Sì, è stata lei la prima a posare gli occhi sul corpo nudo di Dio.
E l'ha avvolto immediatamente con lo sguardo.
Prima ancora di avvolgerlo in fasce.
Anzi, l'ha coperto subito nei panni, quasi per comprimere la luce di quel corpo e non
rimanerne accecata.
Eccolo lì, 1'atteso delle genti lambito dagli occhi di Maria, come agnello tremante
sfiorato dalla lingua materna.
I patriarchi ne avevano spiato 1'arrivo fin dai secoli remoti. Ma, pur inarcando i
sopraccigli canuti, non ebbero la gioia di vederlo.
I profeti, con vaticini carichi di mistero, ne avevano disegnato il volto. Ma i loro occhi si
erano chiusi senza poterlo fissare da vicino.
I poveri avevano provato mille soprassalti a ogni stormire di notizie. Ma si dovettero
accontentare ogni volta di inseguirlo nei sogni.
Nelle notti d'inverno i pastori, al crepitare del bivacco, parlavano di colui che sarebbe
venuto. E i loro occhi, mentre si allenavano a sostenere la fiamma dei sarmenti,
luccicavano di febbre.
Nelle sere di primavera, dense di presagi, i padri additavano ai figli le stelle del
firmamento e li cullavano con le cadenze di antiche elegie: «Oh, se tu squarciassi i cieli
e scendessi...» Poi chiudevano le palpebre anche loro, stanchi di scrutare. Le fanciulle
ebree, profumate di gerani e di desideri, si confidavano 1'un l' altra ingenui presentimenti
di arcane maternità. Ma nel lampeggiare delle pupille balenava subito la malinconia
dolcissima di chi non verrà mai esaudito.
Occhi di vegliardi e di bambini. Occhi di esuli e di oppressi. Occhi di sofferenti e di
sognatori.
Quanti occhi protesi verso di lui! Anelanti la vista del suo volto. Delusi per ritardi
imprevisti. Stanchi per lunghe vigilie. Fiammeggianti per subitanee speranze. Chiusi
sottoterra per sempre, dopo l'ultima struggente invocazione: «Ostende faciem tuam!».
Ed ecco lo finalmente lì, 1'Emmanuele, bagnato dalle lacrime della puerpera, che
scintillano come gemme al guizzare della lanterna.
Gli occhi di Maria tremano d'amore sul corpo di Gesù. Nella loro profondità si riaccende
una lunga catena di sguardi inesauditi del passato. Nelle sue pupille si concentra la
trepidazione di attese secolari. E nell'iride le si destano all'improvviso fuochi sopiti sotto
le ceneri del tempo.
Maria diventa così la donna del primo sguardo.
Solo una creatura come lei, d'altra parte, poteva dare degnamente il benvenuto sulla terra
al Figlio di Dio, accarezzandolo con occhi trasparenti di santità.
Dopo di lei, avranno il privilegio di vederlo tanti altri. Lo vedrà Giuseppe. Lo vedranno i
pastori. Più tardi, lo vedrà Simeone, che se ne morirà in pace perché i suoi occhi hanno
potuto contemplare la salvezza di Dio...
Ma la prima a fasciarlo con la tiepida trama del suo sguardo, nella notte profumata di
muschio e di stalla, perché il fieno non lo pungesse e il freddo non lo raggelasse, fu lei.
Donna del primo sguardo: prescelta, cioè, dai secoli eterni per essere, dopo una foresta di
attese, riviera limpidissima bagnata dal fiume della grazia.
Santa Maria, donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore. Il mondo ci ha
rubato la capacità di trasalire. Non c'è rapimento negli occhi. Siamo stanchi di aguzzare
la vista, perché non ci sono più arrivi in programma. L'anima è riarsa come il greto di un
torrente senz'acqua. Le falde profonde della meraviglia si sono prosciugate. Vittime della
noia, conduciamo una vita arida di estasi. Ci sfilano sotto gli occhi solo cose già viste,
come sequenze di un film ripetute più volte.
Ci sfugge l'ora in cui il primo acino d'uva rosseggia tra i pampini. Viviamo stagioni
senza primizie di vendemmie. Anzi, sappiamo già quale sapore ogni frutto racchiude
sotto la corteccia.
Tu che hai provato le sorprese di Dio, restituiscici, ti preghiamo, il gusto delle esperienze
che salvano, e non risparmiarci la gioia degli incontri decisivi che abbiano il sapore della
"prima volta" . (D. TONINO BELLO)


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-->->Santa Maria, donna del primo sguardo, donaci la grazia della tenerezza.
Le tue palpebre, quella notte, sfiorarono 1'Agnello deposto ai tuoi piedi con un tiepido
brivido d'ala. Le nostre, invece, si poggiano sulle cose, pesanti come pietre. Passano
sulla pelle, ruvide come stracci di bottega. Feriscono i volti, come lame di rasoio.
I tuoi occhi vestirono di carità il Figlio di Dio. I nostri invece, spogliano con cupidigia i
figli dell'uomo.
Al primo contatto delle tue pupille con la sorgente della luce si illuminarono gli sguardi
delle generazioni passate. Quando, invece, spalanchiamo noi le nostre orbite,
contaminiamo anche le cose più sante e spegniamo gli sguardi delle generazioni future.
Tu che hai portato sempre negli occhi incontaminati i riverberi della trasparenza di Dio,
aiutaci perché possiamo sperimentare tutta la verità delle parole di Gesù: «La lucerna del
corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce».
Santa Maria, donna del primo sguardo, grazie perché, curva su quel bambino, ci
rappresenti tutti.
Tu sei la prima creatura ad aver contemplato la carne di Dio fatto uomo: e noi vogliamo
affacciarci alla finestra degli occhi tuoi per fruire con te di questa primizia.
Ma sei anche la prima creatura della terra che Dio ha visto con i suoi occhi di carne: e
noi vogliamo aggrapparci alle tue vesti per spartire con te questo privilegio.
Grazie, impareggiabile amica dei nostri Natali. Speranza delle nostre solitudini. Conforto
dei nostri gelidi presepi senza cori di angeli e senza schiere di pastori.
Perdonaci se i nostri sguardi sono protesi altrove. Se inseguiamo altri volti. Se corriamo
dietro ad altre sembianze. Ma tu sai che nel fondo dell' anima ci è rimasta la nostalgia di
quello sguardo. Anzi, di quegli sguardi: del tuo e del suo.
E allora, un' occhiata, daccela pure a noi, madre di misericordia. Soprattutto quando
sperimentiamo che, a volerci bene, non ci sei rimasta che tu. D.T.BELLO

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BENEDETTO XVI
...Il canto degli Angeli, i primi evangelisti della Notte Santa:” Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che sono oggetto della Sua Grazia, agli uomini di buona volontà”...Pace in terra, ecco il senso dl Natale.
Ma il canto degli Angeli fa precedere un’altra cosa, che viene prima, e senza la quale la pace non può durare a lungo: la Gloria di Dio.
La dottrina della pace di Betlemme dice : la pace degli uomini proviene dalla Gloria di Dio. Chi voglia veramente interessarsi degli uomini e della loro salvezza, deve prima di ogni altra cosa darsi cura della Gloria di Dio. Dare gloria a Dio non è un affare privato, di cui ognuno possa disporre come meglio crede, bensì una questione che riguarda tutti.
E’ un bene comune e là dove Dio non è onorato fra gli uomini, nemmeno l’uomo può essere rispettato a lungo nella sua dignità.
Il Natale ha perciò a che fare con la pace degli uomini, perché in esso la Gloria di Dio è stata di nuovo proclamata e restaurata tra gli uomini. (Lob der Wethnacht)

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