Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion.
Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme.
Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.
Seconda Lettura
Dalla lettera agli Ebrei Eb 1,1-6
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.
Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell'alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.
Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».
VANGELO DEL GIORNO Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 1,1-18
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
PAROLE DEL SANTO PADRE I pastori di Betlemme ci dicono come andare incontro al Signore. Essi vegliano nella notte: non dormono. Restano vigili, attendono svegli nel buio; e Dio «li avvolse di luce» (Lc 2,9). Vale anche per noi. «Andiamo dunque fino a Betlemme» (Lc 2,15): così dissero e fecero i pastori. Pure noi, Signore, vogliamo venire a Betlemme. La strada, anche oggi, è in salita: va superata la vetta dell’egoismo, non bisogna scivolare nei burroni della mondanità e del consumismo. Voglio arrivare a Betlemme, Signore, perché è lì che mi attendi. E accorgermi che Tu, deposto in una mangiatoia, sei il pane della mia vita. Ho bisogno della fragranza tenera del tuo amore per essere, a mia volta, pane spezzato per il mondo. Signore, prendimi sulle tue spalle, buon Pastore: da Te amato, potrò anch’io amare e prendere per mano i fratelli. Allora sarà Natale, quando potrò dirti: “Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo” (cfr Gv 21,17). (Santa Messa della notte nella Solennità del Natale del Signore, 24 dicembre 2018)
FAUSTI – Con sorpresa scopriamo che Colui che amava chiamarsi Figlio dell'uomo e si proclamò Figlio di Dio, è la Parola che da sempre è presso il Padre ed è Dio. Essa, testimoniata da sapienti e profeti e mai conosciuta, divenne Carne in Gesù, per rivelarci e donarci la Sua stessa Gloria di Unigenito dal Padre, in modo che , in Lui, possiamo scoprire di essere figli di Dio. Il prologo è come l'inizio di una sinfonia, in cui si preludono i motivi. Nella storia della Teologia è come una miniera di pietre preziose , da cui sono state attinte le più importanti riflessioni sulla Trinità e sull'incarnazione. Si tratta di un inno alla Parola, Luce e Vita di tutto, dove ciò che si dice apre alle armonie dell'indicibile. La parola suppone uno che parla, si esprime e si dona, e un altro che lo ascolta, lo imprime e lo accoglie dentro di sé. La parola implica due persone che entrano in relazione, in dialogo. Essa nasce dall'amore di chi parla, corrisposto da chi ascolta: è generata dall'amore e genera amore. Per questo Dio che è Amore è anche Parola. La Parola è rivolta non solo al Padre,ma anche al mondo : come è amore e vita all'interno di Dio, è anche sorgente di amore e di vita per ogni creatura. Gesù, Parola diventata Carne , dispone della vita allo stesso modo del Padre. Essa è infatti il dono pieno del Padre al Figlio, che per questo dirà : “Io-Sono la vita” (14,6) e “ Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (10,10). Il mondo è creato dalla Parola e dalla Sapienza che lo precede, lo progetta e lo fa, dandogli il suo “imprinting” di alterità e relazione, di ascolto e risposta, di accoglienza e di responsabilità, di intelligenza e libertà. Solo in quest'ottica l'universo è positivamene sensato, destinato alla vita e alla felicità. Si dice che Dio creò con le lettere dell'alfabeto. Questo vuol dire che ogni realtà è comprensibile e comunicabile in parole. Chi sa “leggere” può capire, interagire e portare tutto al suo senso peno. Dio, che con la Sua Parola è principio di tutto, diventa il fine di tutto, con l'uomo che la comprende. Solo in lui, creato al sesto giorno,la Parola, all'opera sin dal primo giorno, trova ascolto. Egli, con la sua risposta, porta il creato al settimo giorno, al riposo di Dio, diventando lui stesso come la Parola. Era la luce vera” Il soggetto implicito è sempre la Parola, che è la luce “vera”, diversa dalla falsa luce di parole ingannatrici che portano alla morte. Ogni uomo ha dentro di sé la luce della Parola. Nonostante il dis-ascolto, è fatto per lei, perché fatto da lei e di lei. Nel suo cuore brilla una luce interiore, inestinguibile. E' il desiderio di verità e di amore , che lo lascia inquieto fino a quando non ha la gioia di trovare ciò che cerca. La Parola, che è verso il Padre, viene nel mondo come sua vita e luce. Questa luce che è in ciascuno, è il bene più inalienabile dell'uomo e offre a tutti, anche per le vie più personali e misteriose, di entrare in dialogo con il Padre. Il divenire Carne della Parola è il punto di arrivo della storia di Dio che si comunica all'uomo. La Parola eterna che era rivolta a Dio ed è Dio, in un momento preciso “divenne” Carne. Cambia il modo in cui Dio comunica con noi . Ciò che da sempre era ed è, “divenne” uomo , partecipe della nostra condizione mortale. L'amore o trova o rende simili. Dio è Amore e chi ama si dona totalmente. Nel divenire Carne il Suo Dono è completo e definitivo. L'accoglienza o meno della Parola, che fin dall'Eden è per l'uomo questione di vita o di morte, costituisce il tema fondamentale del Vangelo di Giovanni.Chi accetta la Parola ha la dignità della Parola stessa : "diviene" ciò che essa è. Si tratta di un processo di trasformazione : la Parola ci fa diventare figli, mettendoci in dialogo col Padre.
-->La nostra generazione a figli di Dio è opera di Dio stesso mediante la Parola. Non sarà sangue o carne o volontà di uomo a generarci figli di Dio, ma la Carne e il Sangue del Figlio dell'uomo, che fa la Volontà del Padre. “Contemplammo” Questo secondo “noi” implicito, è la comunità di chi ha accolto Gesù. Sono i primi testimoni che hanno udito, visto, contemplato e toccato la Parola di Vita che era fin dal principio. La Gloria è Dio stesso, che si manifesta nella Sua bellezza unica. Questa Gloria è la Sua, quella della Parola, che contempliamo nella “carne” nell'uomo Gesù. Giovanni non racconta la trasfigurazione, tutto il Suo Vangelo è una Trasfigurazione, un'epifania di Dio, una contemplazione della Gloria nella carne del Figlio. D'ora in poi Giovanni non parlerà più del Logos, ma del Figlio, e Dio sarà chiamato Padre . Il Figlio è pieno del Dono della conoscenza del Padre. Per questo è il Figlio, che vuole e può comunicare il Padre ai fratelli.
Sì, è stata lei la prima a posare gli occhi sul corpo nudo di Dio. E l'ha avvolto immediatamente con lo sguardo. Prima ancora di avvolgerlo in fasce. Anzi, l'ha coperto subito nei panni, quasi per comprimere la luce di quel corpo e non rimanerne accecata. Eccolo lì, 1'atteso delle genti lambito dagli occhi di Maria, come agnello tremante sfiorato dalla lingua materna. I patriarchi ne avevano spiato 1'arrivo fin dai secoli remoti. Ma, pur inarcando i sopraccigli canuti, non ebbero la gioia di vederlo. I profeti, con vaticini carichi di mistero, ne avevano disegnato il volto. Ma i loro occhi si erano chiusi senza poterlo fissare da vicino. I poveri avevano provato mille soprassalti a ogni stormire di notizie. Ma si dovettero accontentare ogni volta di inseguirlo nei sogni. Nelle notti d'inverno i pastori, al crepitare del bivacco, parlavano di colui che sarebbe venuto. E i loro occhi, mentre si allenavano a sostenere la fiamma dei sarmenti, luccicavano di febbre. Nelle sere di primavera, dense di presagi, i padri additavano ai figli le stelle del firmamento e li cullavano con le cadenze di antiche elegie: «Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi...» Poi chiudevano le palpebre anche loro, stanchi di scrutare. Le fanciulle ebree, profumate di gerani e di desideri, si confidavano 1'un l' altra ingenui presentimenti di arcane maternità. Ma nel lampeggiare delle pupille balenava subito la malinconia dolcissima di chi non verrà mai esaudito. Occhi di vegliardi e di bambini. Occhi di esuli e di oppressi. Occhi di sofferenti e di sognatori. Quanti occhi protesi verso di lui! Anelanti la vista del suo volto. Delusi per ritardi imprevisti. Stanchi per lunghe vigilie. Fiammeggianti per subitanee speranze. Chiusi sottoterra per sempre, dopo l'ultima struggente invocazione: «Ostende faciem tuam!». Ed eccolo finalmente lì, 1'Emmanuele, bagnato dalle lacrime della puerpera, che scintillano come gemme al guizzare della lanterna. Gli occhi di Maria tremano d'amore sul corpo di Gesù. Nella loro profondità si riaccende una lunga catena di sguardi inesauditi del passato. Nelle sue pupille si concentra la trepidazione di attese secolari. E nell'iride le si destano all'improvviso fuochi sopiti sotto le ceneri del tempo. Maria diventa così la donna del primo sguardo. Solo una creatura come lei, d'altra parte, poteva dare degnamente il benvenuto sulla terra al Figlio di Dio, accarezzandolo con occhi trasparenti di santità. Dopo di lei, avranno il privilegio di vederlo tanti altri. Lo vedrà Giuseppe. Lo vedranno i pastori. Più tardi, lo vedrà Simeone, che se ne morirà in pace perché i suoi occhi hanno potuto contemplare la salvezza di Dio... Ma la prima a fasciarlo con la tiepida trama del suo sguardo, nella notte profumata di muschio e di stalla, perché il fieno non lo pungesse e il freddo non lo raggelasse, fu lei. Donna del primo sguardo: prescelta, cioè, dai secoli eterni per essere, dopo una foresta di attese, riviera limpidissima bagnata dal fiume della grazia. Santa Maria, donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore. Il mondo ci ha rubato la capacità di trasalire. Non c'è rapimento negli occhi. Siamo stanchi di aguzzare la vista, perché non ci sono più arrivi in programma. L'anima è riarsa come il greto di un torrente senz'acqua. Le falde profonde della meraviglia si sono prosciugate. Vittime della noia, conduciamo una vita arida di estasi. Ci sfilano sotto gli occhi solo cose già viste, come sequenze di un film ripetute più volte. Ci sfugge l'ora in cui il primo acino d'uva rosseggia tra i pampini. Viviamo stagioni senza primizie di vendemmie. Anzi, sappiamo già quale sapore ogni frutto racchiude sotto la corteccia.
-->Tu che hai provato le sorprese di Dio, restituiscici, ti preghiamo, il gusto delle esperienze che salvano, e non risparmiarci la gioia degli incontri decisivi che abbiano il sapore della "prima volta" . Santa Maria, donna del primo sguardo, donaci la grazia della tenerezza. Le tue palpebre, quella notte, sfiorarono 1'Agnello deposto ai tuoi piedi con un tiepido brivido d'ala. Le nostre, invece, si poggiano sulle cose, pesanti come pietre. Passano sulla pelle, ruvide come stracci di bottega. Feriscono i volti, come lame di rasoio. I tuoi occhi vestirono di carità il Figlio di Dio. I nostri invece, spogliano con cupidigia i figli dell'uomo. Al primo contatto delle tue pupille con la sorgente della luce si illuminarono gli sguardi delle generazioni passate. Quando, invece, spalanchiamo noi le nostre orbite, contaminiamo anche le cose più sante e spegniamo gli sguardi delle generazioni future. Tu che hai portato sempre negli occhi incontaminati i riverberi della trasparenza di Dio, aiutaci perché possiamo sperimentare tutta la verità delle parole di Gesù: «La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce». Santa Maria, donna del primo sguardo, grazie perché, curva su quel bambino, ci rappresenti tutti. Tu sei la prima creatura ad aver contemplato la carne di Dio fatto uomo: e noi vogliamo affacciarci alla finestra degli occhi tuoi per fruire con te di questa primizia. Ma sei anche la prima creatura della terra che Dio ha visto con i suoi occhi di carne: e noi vogliamo aggrapparci alle tue vesti per spartire con te questo privilegio. Grazie, impareggiabile amica dei nostri Natali. Speranza delle nostre solitudini. Conforto dei nostri gelidi presepi senza cori di angeli e senza schiere di pastori. Perdonaci se i nostri sguardi sono protesi altrove. Se inseguiamo altri volti. Se corriamo dietro ad altre sembianze. Ma tu sai che nel fondo dell' anima ci è rimasta la nostalgia di quello sguardo. Anzi, di quegli sguardi: del tuo e del suo. E allora, un' occhiata, daccela pure a noi, madre di misericordia. Soprattutto quando sperimentiamo che, a volerci bene, non ci sei rimasta che tu.
"Aprite la porta al Signore che nasce e non abbiate timore di salire, un passo alla volta, tenendo la mano del fratello, sul monte del dolore dell’umanità per annunciare a tutti che il nostro Dio è ancora l’Emmanuele, è il Dio-con-noi". È l'invito del Consiglio Episcopale Permanente della CEI nel Messaggio per il Santo Natale 2020
OMELIA DEL S. PADRE PAPA FRANCESCO Caro fratello, cara sorella, questa sera Dio si avvicina a te, perché sei importante per lui. Dalla mangiatoia, come cibo per la tua vita, ti dice: "Se ti senti consumato dagli eventi, se sei divorato dal senso di colpa e di inadeguatezza, se hai fame di giustizia, io, il tuo Dio, sono con te. So cosa state vivendo, perché l'ho vissuto io stesso in quella mangiatoia. Conosco le vostre debolezze, i vostri fallimenti e la vostra storia. Sono nato per dirvi che sono e sarò sempre vicino a voi". La mangiatoia di Natale, il primo messaggio del Bambino divino, ci dice che Dio è con noi, ci ama e ci cerca. Perciò fatevi coraggio! Non lasciatevi vincere dalla paura, dalla rassegnazione o dallo scoraggiamento. Dio è nato in una mangiatoia perché voi possiate rinascere proprio nel luogo in cui pensavate di aver toccato il fondo. Non c'è male, non c'è peccato, da cui Gesù non voglia salvarvi. E può farlo. Natale significa che Dio è vicino a noi: facciamo rinascere la fiducia!
La mangiatoia di Betlemme non ci parla solo di vicinanza, ma anche di povertà. Intorno alla mangiatoia c'è ben poco: fieno e paglia, qualche animale, poco altro. Nella locanda si stava al caldo, ma non qui, nel freddo della stalla. Eppure è lì che è nato Gesù. La mangiatoia ci ricorda che egli era circondato solo da amore: Maria, Giuseppe e i pastori; tutta gente povera, unita dall'affetto e dallo stupore, non dalla ricchezza e dalle grandi aspettative. La povertà della mangiatoia ci mostra così dove si trovano le vere ricchezze della vita: non nel denaro e nel potere, ma nelle relazioni e nelle persone.
E la prima persona, la ricchezza più grande, è Gesù stesso. Ma vogliamo stare al suo fianco? Ci avviciniamo a lui? Amiamo la sua povertà? O preferiamo rimanere comodamente seduti nei nostri interessi e nelle nostre preoccupazioni? Soprattutto, lo andiamo a trovare dove si trova, cioè nelle povere mangiatoie del nostro mondo? Perché è lì che è presente. Siamo chiamati a essere una Chiesa che adora un Gesù povero e che lo serve nei poveri. Come disse una volta un santo vescovo: "La Chiesa sostiene e benedice gli sforzi per cambiare le strutture dell'ingiustizia, e pone una sola condizione: che i cambiamenti sociali, economici e politici vadano veramente a beneficio dei poveri" (O.A. ROMERO, Messaggio pastorale per il nuovo anno, 1° gennaio 1980). Certo, non è facile lasciare il confortevole calore della mondanità per abbracciare la cruda bellezza della grotta di Betlemme, ma ricordiamoci che non è veramente Natale senza i poveri. Senza i poveri possiamo celebrare il Natale, ma non la nascita di Gesù. Cari fratelli, care sorelle, a Natale Dio è povero: facciamo rinascere la carità!
--->Veniamo ora all'ultimo punto: la mangiatoia ci parla di concretezza. Infatti, un bambino adagiato in una mangiatoia ci presenta una scena suggestiva, persino cruda. Ci ricorda che Dio si è fatto veramente carne. Di conseguenza, tutte le nostre teorie, i nostri bei pensieri e i nostri pii sentimenti non sono più sufficienti. Gesù è nato povero, ha vissuto povero ed è morto povero; non ha tanto parlato di povertà, quanto piuttosto l'ha vissuta, fino in fondo, per noi. Dalla mangiatoia alla croce, il suo amore per noi è stato sempre palpabile, concreto. Dalla nascita alla morte, il figlio del falegname ha abbracciato la ruvidità del legno, la durezza della nostra esistenza. Non ci ha amati solo a parole, ma con assoluta serietà!
Di conseguenza, Gesù non si accontenta delle apparenze. Colui che ha assunto la nostra carne vuole qualcosa di più delle semplici buone intenzioni. Colui che è nato nella mangiatoia esige una fede concreta, fatta di adorazione e carità, non di parole vuote e superficialità. Colui che giaceva nudo nella mangiatoia e che è stato appeso nudo alla croce, ci chiede verità, ci chiede di andare alla nuda realtà delle cose, e di deporre ai piedi della mangiatoia tutte le nostre scuse, le nostre giustificazioni e le nostre ipocrisie. Teneramente avvolto in fasce da Maria, ci vuole rivestire d'amore. Dio non vuole apparenze, ma concretezza. Non lasciamo passare questo Natale senza fare qualcosa di buono, fratelli e sorelle. Poiché è la sua festa, il suo compleanno, facciamogli i regali che gli sono graditi! A Natale Dio è concreto: nel suo nome aiutiamo a far rinascere un po' di speranza in chi si sente senza speranza!
Gesù, ti vediamo disteso nella mangiatoia. Ti vediamo vicino, sempre al nostro fianco: grazie Signore! Ti vediamo povero, per insegnarci che la vera ricchezza non risiede nelle cose ma nelle persone, e soprattutto nei poveri: perdonaci, se non ti abbiamo riconosciuto e servito in loro. Ti vediamo concreto, perché il tuo amore per noi è palpabile. Aiutaci a dare carne e vita alla nostra fede. Amen.
9 commenti:
Prima Lettura
Dal libro del profeta Isaìa
Is 52,7-10
Come sono belli sui monti
i piedi del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza,
che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce,
insieme esultano,
poiché vedono con gli occhi
il ritorno del Signore a Sion.
Prorompete insieme in canti di gioia,
rovine di Gerusalemme,
perché il Signore ha consolato il suo popolo,
ha riscattato Gerusalemme.
Il Signore ha snudato il suo santo braccio
davanti a tutte le nazioni;
tutti i confini della terra vedranno
la salvezza del nostro Dio.
Seconda Lettura
Dalla lettera agli Ebrei
Eb 1,1-6
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.
Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell'alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.
Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio».
VANGELO DEL GIORNO
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 1,1-18
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.
PAROLE DEL SANTO PADRE
I pastori di Betlemme ci dicono come andare incontro al Signore. Essi vegliano nella notte: non dormono. Restano vigili, attendono svegli nel buio; e Dio «li avvolse di luce» (Lc 2,9). Vale anche per noi. «Andiamo dunque fino a Betlemme» (Lc 2,15): così dissero e fecero i pastori. Pure noi, Signore, vogliamo venire a Betlemme. La strada, anche oggi, è in salita: va superata la vetta dell’egoismo, non bisogna scivolare nei burroni della mondanità e del consumismo. Voglio arrivare a Betlemme, Signore, perché è lì che mi attendi. E accorgermi che Tu, deposto in una mangiatoia, sei il pane della mia vita. Ho bisogno della fragranza tenera del tuo amore per essere, a mia volta, pane spezzato per il mondo. Signore, prendimi sulle tue spalle, buon Pastore: da Te amato, potrò anch’io amare e prendere per mano i fratelli. Allora sarà Natale, quando potrò dirti: “Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo” (cfr Gv 21,17). (Santa Messa della notte nella Solennità del Natale del Signore, 24 dicembre 2018)
FAUSTI – Con sorpresa scopriamo che Colui che amava chiamarsi Figlio dell'uomo e si proclamò Figlio di Dio, è la Parola che da sempre è presso il Padre ed è Dio. Essa, testimoniata da sapienti e profeti e mai conosciuta, divenne Carne in Gesù, per rivelarci e donarci la Sua stessa Gloria di Unigenito dal Padre, in modo che , in Lui, possiamo scoprire di essere figli di Dio.
Il prologo è come l'inizio di una sinfonia, in cui si preludono i motivi. Nella storia della Teologia è come una miniera di pietre preziose , da cui sono state attinte le più importanti riflessioni sulla Trinità e sull'incarnazione.
Si tratta di un inno alla Parola, Luce e Vita di tutto, dove ciò che si dice apre alle armonie dell'indicibile.
La parola suppone uno che parla, si esprime e si dona, e un altro che lo ascolta, lo imprime e lo accoglie dentro di sé. La parola implica due persone che entrano in relazione, in dialogo.
Essa nasce dall'amore di chi parla, corrisposto da chi ascolta: è generata dall'amore e genera amore.
Per questo Dio che è Amore è anche Parola.
La Parola è rivolta non solo al Padre,ma anche al mondo : come è amore e vita all'interno di Dio, è anche sorgente di amore e di vita per ogni creatura. Gesù, Parola diventata Carne , dispone della vita allo stesso modo del Padre.
Essa è infatti il dono pieno del Padre al Figlio, che per questo dirà : “Io-Sono la vita” (14,6) e “ Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (10,10). Il mondo è creato dalla Parola e dalla Sapienza che lo precede, lo progetta e lo fa, dandogli il suo “imprinting” di alterità e relazione, di ascolto e risposta, di accoglienza e di responsabilità, di intelligenza e libertà. Solo in quest'ottica l'universo è positivamene sensato, destinato alla vita e alla felicità.
Si dice che Dio creò con le lettere dell'alfabeto. Questo vuol dire che ogni realtà è comprensibile e comunicabile in parole. Chi sa “leggere” può capire, interagire e portare tutto al suo senso peno.
Dio, che con la Sua Parola è principio di tutto, diventa il fine di tutto, con l'uomo che la comprende.
Solo in lui, creato al sesto giorno,la Parola, all'opera sin dal primo giorno, trova ascolto.
Egli, con la sua risposta, porta il creato al settimo giorno, al riposo di Dio, diventando lui stesso come la Parola.
Era la luce vera” Il soggetto implicito è sempre la Parola, che è la luce “vera”, diversa dalla falsa luce di parole ingannatrici che portano alla morte. Ogni uomo ha dentro di sé la luce della Parola. Nonostante il dis-ascolto, è fatto per lei, perché fatto da lei e di lei. Nel suo cuore brilla una luce interiore, inestinguibile. E' il desiderio di verità e di amore , che lo lascia inquieto fino a quando non ha la gioia di trovare ciò che cerca.
La Parola, che è verso il Padre, viene nel mondo come sua vita e luce.
Questa luce che è in ciascuno, è il bene più inalienabile dell'uomo e offre a tutti, anche per le vie più personali e misteriose, di entrare in dialogo con il Padre.
Il divenire Carne della Parola è il punto di arrivo della storia di Dio che si comunica all'uomo. La Parola eterna che era rivolta a Dio ed è Dio, in un momento preciso “divenne” Carne.
Cambia il modo in cui Dio comunica con noi . Ciò che da sempre era ed è, “divenne” uomo , partecipe della nostra condizione mortale. L'amore o trova o rende simili.
Dio è Amore e chi ama si dona totalmente. Nel divenire Carne il Suo Dono è completo e definitivo.
L'accoglienza o meno della Parola, che fin dall'Eden è per l'uomo questione di vita o di morte, costituisce il tema fondamentale del Vangelo di Giovanni.Chi accetta la Parola ha la dignità della Parola stessa : "diviene" ciò che essa è.
Si tratta di un processo di trasformazione : la Parola ci fa diventare figli, mettendoci in dialogo col Padre.
-->La nostra generazione a figli di Dio è opera di Dio stesso mediante la Parola.
Non sarà sangue o carne o volontà di uomo a generarci figli di Dio, ma la Carne e il Sangue del Figlio dell'uomo, che fa la Volontà del Padre.
“Contemplammo” Questo secondo “noi” implicito, è la comunità di chi ha accolto Gesù. Sono i primi testimoni che hanno udito, visto, contemplato e toccato la Parola di Vita che era fin dal principio. La Gloria è Dio stesso, che si manifesta nella Sua bellezza unica. Questa Gloria è la Sua, quella della Parola, che contempliamo nella “carne” nell'uomo Gesù. Giovanni non racconta la trasfigurazione, tutto il Suo Vangelo è una Trasfigurazione, un'epifania di Dio, una contemplazione della Gloria nella carne del Figlio. D'ora in poi Giovanni non parlerà più del Logos, ma del Figlio, e Dio sarà chiamato Padre . Il Figlio è pieno del Dono della conoscenza del Padre. Per questo è il Figlio, che vuole e può comunicare il Padre ai fratelli.
Maria, donna del primo sguardo
di Don Tonino Bello
Sì, è stata lei la prima a posare gli occhi sul corpo nudo di Dio.
E l'ha avvolto immediatamente con lo sguardo.
Prima ancora di avvolgerlo in fasce.
Anzi, l'ha coperto subito nei panni, quasi per comprimere la luce di quel corpo e non rimanerne accecata.
Eccolo lì, 1'atteso delle genti lambito dagli occhi di Maria, come agnello tremante sfiorato dalla lingua materna. I patriarchi ne avevano spiato 1'arrivo fin dai secoli remoti. Ma, pur inarcando i sopraccigli canuti, non ebbero la gioia di vederlo.
I profeti, con vaticini carichi di mistero, ne avevano disegnato il volto. Ma i loro occhi si erano chiusi senza poterlo fissare da vicino.
I poveri avevano provato mille soprassalti a ogni stormire di notizie. Ma si dovettero accontentare ogni volta di inseguirlo nei sogni.
Nelle notti d'inverno i pastori, al crepitare del bivacco, parlavano di colui che sarebbe venuto. E i loro occhi, mentre si allenavano a sostenere la fiamma dei sarmenti, luccicavano di febbre.
Nelle sere di primavera, dense di presagi, i padri additavano ai figli le stelle del firmamento e li cullavano con le cadenze di antiche elegie: «Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi...» Poi chiudevano le palpebre anche loro, stanchi di scrutare. Le fanciulle ebree, profumate di gerani e di desideri, si confidavano 1'un l' altra ingenui presentimenti di arcane maternità. Ma nel lampeggiare delle pupille balenava subito la malinconia dolcissima di chi non verrà mai esaudito.
Occhi di vegliardi e di bambini. Occhi di esuli e di oppressi. Occhi di sofferenti e di sognatori.
Quanti occhi protesi verso di lui! Anelanti la vista del suo volto. Delusi per ritardi imprevisti. Stanchi per lunghe vigilie. Fiammeggianti per subitanee speranze. Chiusi sottoterra per sempre, dopo l'ultima struggente invocazione: «Ostende faciem tuam!».
Ed eccolo finalmente lì, 1'Emmanuele, bagnato dalle lacrime della puerpera, che scintillano come gemme al guizzare della lanterna.
Gli occhi di Maria tremano d'amore sul corpo di Gesù. Nella loro profondità si riaccende una lunga catena di sguardi inesauditi del passato. Nelle sue pupille si concentra la trepidazione di attese secolari. E nell'iride le si destano all'improvviso fuochi sopiti sotto le ceneri del tempo.
Maria diventa così la donna del primo sguardo.
Solo una creatura come lei, d'altra parte, poteva dare degnamente il benvenuto sulla terra al Figlio di Dio, accarezzandolo con occhi trasparenti di santità.
Dopo di lei, avranno il privilegio di vederlo tanti altri. Lo vedrà Giuseppe. Lo vedranno i pastori. Più tardi, lo vedrà Simeone, che se ne morirà in pace perché i suoi occhi hanno potuto contemplare la salvezza di Dio...
Ma la prima a fasciarlo con la tiepida trama del suo sguardo, nella notte profumata di muschio e di stalla, perché il fieno non lo pungesse e il freddo non lo raggelasse, fu lei. Donna del primo sguardo: prescelta, cioè, dai secoli eterni per essere, dopo una foresta di attese, riviera limpidissima bagnata dal fiume della grazia.
Santa Maria, donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore. Il mondo ci ha rubato la capacità di trasalire. Non c'è rapimento negli occhi. Siamo stanchi di aguzzare la vista, perché non ci sono più arrivi in programma. L'anima è riarsa come il greto di un torrente senz'acqua. Le falde profonde della meraviglia si sono prosciugate. Vittime della noia, conduciamo una vita arida di estasi. Ci sfilano sotto gli occhi solo cose già viste, come sequenze di un film ripetute più volte.
Ci sfugge l'ora in cui il primo acino d'uva rosseggia tra i pampini. Viviamo stagioni senza primizie di vendemmie. Anzi, sappiamo già quale sapore ogni frutto racchiude sotto la corteccia.
-->Tu che hai provato le sorprese di Dio, restituiscici, ti preghiamo, il gusto delle esperienze che salvano, e non risparmiarci la gioia degli incontri decisivi che abbiano il sapore della "prima volta" .
Santa Maria, donna del primo sguardo, donaci la grazia della tenerezza.
Le tue palpebre, quella notte, sfiorarono 1'Agnello deposto ai tuoi piedi con un tiepido brivido d'ala. Le nostre, invece, si poggiano sulle cose, pesanti come pietre. Passano sulla pelle, ruvide come stracci di bottega. Feriscono i volti, come lame di rasoio.
I tuoi occhi vestirono di carità il Figlio di Dio. I nostri invece, spogliano con cupidigia i figli dell'uomo.
Al primo contatto delle tue pupille con la sorgente della luce si illuminarono gli sguardi delle generazioni passate. Quando, invece, spalanchiamo noi le nostre orbite, contaminiamo anche le cose più sante e spegniamo gli sguardi delle generazioni future.
Tu che hai portato sempre negli occhi incontaminati i riverberi della trasparenza di Dio, aiutaci perché possiamo sperimentare tutta la verità delle parole di Gesù: «La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce».
Santa Maria, donna del primo sguardo, grazie perché, curva su quel bambino, ci rappresenti tutti.
Tu sei la prima creatura ad aver contemplato la carne di Dio fatto uomo: e noi vogliamo affacciarci alla finestra degli occhi tuoi per fruire con te di questa primizia.
Ma sei anche la prima creatura della terra che Dio ha visto con i suoi occhi di carne: e noi vogliamo aggrapparci alle tue vesti per spartire con te questo privilegio.
Grazie, impareggiabile amica dei nostri Natali. Speranza delle nostre solitudini. Conforto dei nostri gelidi presepi senza cori di angeli e senza schiere di pastori. Perdonaci se i nostri sguardi sono protesi altrove. Se inseguiamo altri volti. Se corriamo dietro ad altre sembianze. Ma tu sai che nel fondo dell' anima ci è rimasta la nostalgia di quello sguardo. Anzi, di quegli sguardi: del tuo e del suo.
E allora, un' occhiata, daccela pure a noi, madre di misericordia. Soprattutto quando sperimentiamo che, a volerci bene, non ci sei rimasta che tu.
"Aprite la porta al Signore che nasce e non abbiate timore di salire, un passo alla volta, tenendo la mano del fratello, sul monte del dolore dell’umanità per annunciare a tutti che il nostro Dio è ancora l’Emmanuele, è il Dio-con-noi". È l'invito del Consiglio Episcopale Permanente della CEI nel Messaggio per il Santo Natale 2020
OMELIA DEL S. PADRE PAPA FRANCESCO Caro fratello, cara sorella, questa sera Dio si avvicina a te, perché sei importante per lui. Dalla mangiatoia, come cibo per la tua vita, ti dice: "Se ti senti consumato dagli eventi, se sei divorato dal senso di colpa e di inadeguatezza, se hai fame di giustizia, io, il tuo Dio, sono con te. So cosa state vivendo, perché l'ho vissuto io stesso in quella mangiatoia. Conosco le vostre debolezze, i vostri fallimenti e la vostra storia. Sono nato per dirvi che sono e sarò sempre vicino a voi". La mangiatoia di Natale, il primo messaggio del Bambino divino, ci dice che Dio è con noi, ci ama e ci cerca. Perciò fatevi coraggio! Non lasciatevi vincere dalla paura, dalla rassegnazione o dallo scoraggiamento. Dio è nato in una mangiatoia perché voi possiate rinascere proprio nel luogo in cui pensavate di aver toccato il fondo. Non c'è male, non c'è peccato, da cui Gesù non voglia salvarvi. E può farlo. Natale significa che Dio è vicino a noi: facciamo rinascere la fiducia!
La mangiatoia di Betlemme non ci parla solo di vicinanza, ma anche di povertà. Intorno alla mangiatoia c'è ben poco: fieno e paglia, qualche animale, poco altro. Nella locanda si stava al caldo, ma non qui, nel freddo della stalla. Eppure è lì che è nato Gesù. La mangiatoia ci ricorda che egli era circondato solo da amore: Maria, Giuseppe e i pastori; tutta gente povera, unita dall'affetto e dallo stupore, non dalla ricchezza e dalle grandi aspettative. La povertà della mangiatoia ci mostra così dove si trovano le vere ricchezze della vita: non nel denaro e nel potere, ma nelle relazioni e nelle persone.
E la prima persona, la ricchezza più grande, è Gesù stesso. Ma vogliamo stare al suo fianco? Ci avviciniamo a lui? Amiamo la sua povertà? O preferiamo rimanere comodamente seduti nei nostri interessi e nelle nostre preoccupazioni? Soprattutto, lo andiamo a trovare dove si trova, cioè nelle povere mangiatoie del nostro mondo? Perché è lì che è presente. Siamo chiamati a essere una Chiesa che adora un Gesù povero e che lo serve nei poveri. Come disse una volta un santo vescovo: "La Chiesa sostiene e benedice gli sforzi per cambiare le strutture dell'ingiustizia, e pone una sola condizione: che i cambiamenti sociali, economici e politici vadano veramente a beneficio dei poveri" (O.A. ROMERO, Messaggio pastorale per il nuovo anno, 1° gennaio 1980). Certo, non è facile lasciare il confortevole calore della mondanità per abbracciare la cruda bellezza della grotta di Betlemme, ma ricordiamoci che non è veramente Natale senza i poveri. Senza i poveri possiamo celebrare il Natale, ma non la nascita di Gesù. Cari fratelli, care sorelle, a Natale Dio è povero: facciamo rinascere la carità!
--->Veniamo ora all'ultimo punto: la mangiatoia ci parla di concretezza. Infatti, un bambino adagiato in una mangiatoia ci presenta una scena suggestiva, persino cruda. Ci ricorda che Dio si è fatto veramente carne. Di conseguenza, tutte le nostre teorie, i nostri bei pensieri e i nostri pii sentimenti non sono più sufficienti. Gesù è nato povero, ha vissuto povero ed è morto povero; non ha tanto parlato di povertà, quanto piuttosto l'ha vissuta, fino in fondo, per noi. Dalla mangiatoia alla croce, il suo amore per noi è stato sempre palpabile, concreto. Dalla nascita alla morte, il figlio del falegname ha abbracciato la ruvidità del legno, la durezza della nostra esistenza. Non ci ha amati solo a parole, ma con assoluta serietà!
Di conseguenza, Gesù non si accontenta delle apparenze. Colui che ha assunto la nostra carne vuole qualcosa di più delle semplici buone intenzioni. Colui che è nato nella mangiatoia esige una fede concreta, fatta di adorazione e carità, non di parole vuote e superficialità. Colui che giaceva nudo nella mangiatoia e che è stato appeso nudo alla croce, ci chiede verità, ci chiede di andare alla nuda realtà delle cose, e di deporre ai piedi della mangiatoia tutte le nostre scuse, le nostre giustificazioni e le nostre ipocrisie. Teneramente avvolto in fasce da Maria, ci vuole rivestire d'amore. Dio non vuole apparenze, ma concretezza. Non lasciamo passare questo Natale senza fare qualcosa di buono, fratelli e sorelle. Poiché è la sua festa, il suo compleanno, facciamogli i regali che gli sono graditi! A Natale Dio è concreto: nel suo nome aiutiamo a far rinascere un po' di speranza in chi si sente senza speranza!
Gesù, ti vediamo disteso nella mangiatoia. Ti vediamo vicino, sempre al nostro fianco: grazie Signore! Ti vediamo povero, per insegnarci che la vera ricchezza non risiede nelle cose ma nelle persone, e soprattutto nei poveri: perdonaci, se non ti abbiamo riconosciuto e servito in loro. Ti vediamo concreto, perché il tuo amore per noi è palpabile. Aiutaci a dare carne e vita alla nostra fede. Amen.
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