venerdì 3 settembre 2021

B . 23 DOMENICA T.O.


 

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Prima Lettura
Si schiuderanno gli orecchi dei sordi, griderà di gioia la lingua del muto.
Dal libro del profeta Isaìa
Is 35,4-7a

Dite agli smarriti di cuore:
«Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio,
giunge la vendetta,
la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo,
griderà di gioia la lingua del muto,
perché scaturiranno acque nel deserto,
scorreranno torrenti nella steppa.
La terra bruciata diventerà una palude,
il suolo riarso sorgenti d’acqua.

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale
Dal Sal 145 (146)
R. Loda il Signore, anima mia.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri. R.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri. R.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R.


Seconda Lettura
Dio non ha forse scelto i poveri per farli eredi del Regno?
Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Gc 2,1-5

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.
Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?
Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?

Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Gesù annunciava il vangelo del Regno
e guariva ogni sorta di infermità nel popolo. (Cfr. Mt 4,23)

Alleluia.

Vangelo
Fa udire i sordi e fa parlare i muti.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Parola del Signore.

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PAROLE DEL SANTO PADRE
Troppe volte l’ammalato e il sofferente diventano un problema, mentre dovrebbero essere occasione per manifestare la sollecitudine e la solidarietà di una società nei confronti dei più deboli. Gesù ci ha svelato il segreto di un miracolo che possiamo ripetere anche noi, diventando protagonisti dell’«Effatà», di quella parola “Apriti” con la quale Egli ha ridato la parola e l’udito al sordomuto. Si tratta di aprirci alle necessità dei nostri fratelli sofferenti e bisognosi di aiuto, rifuggendo l’egoismo e la chiusura del cuore. È proprio il cuore, cioè il nucleo profondo della persona, che Gesù è venuto ad «aprire», a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri. (Angelus, 9 settembre 2018)

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S. FAUSTI - “Effathà, cioè : Apriti”, dice Gesù al sordomuto. E l'orecchio chiuso si apre all'ascolto della sua voce, la lingua legata si scioglie per dire la parola che salva.
Dio è invisibile. Ogni immagine che di lui ci facciamo è un idolo.
L'unico suo vero volto è quello del Figlio che lo ascolta.
La parola distingue l'uomo dagli animali. Egli non appartiene a una specie determinata, ma determina la sua specie secondo ciò che ascolta.
Infatti di sua natura, non è ciò che è, ma ciò che diviene;
e diviene la parola a cui presta orecchio e dà risposta.
Dio è parola, comunicazione e dono di sé.
L'uomo è innanzitutto orecchio e poi lingua. Ascoltandolo è in grado di rispondergli : entra in dialogo con lui e diventa suo partner , unito a lui e simile a lui.
La religione ebraico cristiana , anche se ama il Libro, non è un feticismo della lettera.
E' la religione della parola e dell'ascolto, cioè della comunione con chi parla.
Per questo essere sordomuti è il massimo male. Nel brano precedente la donna ha “ascoltato “ Gesù,
e ha “detto” la parola che salva. I discepoli invece hanno orecchi e ancora non intendono. Hanno il cuore duro incapace di capire il pane e di professare. “E' il Signore!”.
E' il penultimo miracolo della prima parte del vangelo e il terz'ultimo in assoluto. Seguono solo due guarigioni della cecità. Prima c'è l'ascolto della parola, poi l'illuminazione della fede.
Chi rimane sordo, non può vedere. Solo il cuore può udire la verità di ciò che si vede.
Come tutti i miracoli, anche questo, ancor più esplicitamente degli altri, significa quanto il Signore vuole operare in ogni ascoltatore. Noi tutti siamo sordi, selettivi alla sua parola.
Essendo creature, come diamo solo ciò che riceviamo, così diciamo solo ciò che abbiamo udito.
Gesù è il medico, venuto a ridarci capacità di ascolto e di dialogo con lui...
Il segreto messianico si va sciogliendo, perchè il suo pane ci mette ormai, in modo inequivocabile, di fronte alla sua verità. Ma nessuno più la intende né vede. A lui non resta che guarire la nostra sordità e cecità riconosciute.
In questo racconto vediamo anche le tappe del nostro itinerario di fede.
Ciascuno è chiamato a ripercorrere personalmente con Gesù lo stesso cammino del popolo d'Israele,raffigurato in questo sordo farfugliante.
Gesù è proclamato come colui che “ha fatto belle tutte le cose : fa udire i sordi e fa parlare i muti”.
La seconda affermazione lo riconosce palesemente come il messia salvatore, mentre la prima lo riconosce velatamente come il Dio creatore, che fece tutto e vide che era bello.
Il discepolo, come tutti, è divoratore di tante chiacchiere, ma sordo e inespressivo davanti alla Parola che lo fa uomo.
Gesù lo guarisce perchè possa far parte di quel popolo che sente e risponde a Colui che gli dice :
“ Ascolta, Israele..” ( Dt 6,4)

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E. RONCHI - Portarono a Gesù un sordomuto. Un uomo prigioniero del silenzio, una vita senza parole e senza musica, ma che non ha fatto naufragio, perché accolta dentro un cerchio di amici che si prendono cura di lui: e lo condussero da Gesù. La guarigione inizia quando qualcuno mette mano all'umanissima arte dell'accompagnamento.

E lo pregarono di imporgli la mano. Ma Gesù fa molto di più, non gli basta imporre le mani in un gesto ieratico, vuole mostrare l'eccedenza e la vicinanza di Dio: lo prese in disparte, lontano dalla folla: «Io e te soli, ora conti solo tu e, per questo tempo, niente è più importante di te». Li immagino occhi negli occhi, e Gesù che prende quel volto fra le sue mani.

Seguono gesti molto corporei e delicati: Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo. Le dita: come lo scultore che modella delicatamente la creta che ha plasmato. Come una carezza. Non ci sono parole, solo la tenerezza dei gesti.

Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell'uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli della vita.

Vangelo di contatti, di odori, di sapori. Il contatto fisico non dispiaceva a Gesù, anzi. E i corpi diventano luogo santo d'incontro con il Signore, laboratorio del Regno. La salvezza non è estranea ai corpi, passa attraverso di essi, che non sono strade del male ma «scorciatoie divine» (J.P.Sonnet),

Guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro. Un sospiro non è un grido che esprime potenza, non è un singhiozzo, ma il respiro della speranza, calma e umile, il sospiro del prigioniero (Sal 102,21), e Gesù è anche lui prigioniero con quell'uomo.

E gli disse: Effatà, apriti! In aramaico, nel dialetto di casa, nella lingua della madre, ripartendo dalle radici: apriti, come si apre una porta all'ospite, una finestra al sole, le braccia all'amore. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, attraverso le quali vita esce e vita entra. Se apri la tua porta, la vita viene.

Una vita guarita è quella che si apre agli altri: e subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Prima gli orecchi. Perché il primo servizio da rendere a Dio e all'uomo è sempre l'ascolto. Se non sai ascoltare, perdi la parola, diventi muto o parli senza toccare il cuore di nessuno. Forse l'afasia della chiesa dipende oggi dal fatto che non sappiamo più ascoltare, Dio e l'uomo. Dettaglio eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Dono da chiedere instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore, un cuore che ascolta (cfr 1Re 3,9). Allora nasceranno pensieri e parole che sanno di cielo.

B - PENTECOSTE