Se consideri le colpe, o Signore, Signore, chi ti può resistere? Con te è il perdono, Dio d’Israele. ( Sal 129,3-4) O Dio, nostro Padre, che conosci i sentimenti e i pensieri del cuore, donaci di amare sopra ogni cosa Gesù Cristo, tuo Figlio, perché, valutando con sapienza i beni di questo mondo, diventiamo liberi e poveri per il tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura Al confronto della sapienza stimai un nulla la ricchezza.
Dal libro della Sapienza Sap 7,7-11
Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento. L'ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 89 (90)
R. Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.
Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi! R.
Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti, per gli anni in cui abbiamo visto il male. R.
Si manifesti ai tuoi servi la tua opera e il tuo splendore ai loro figli. Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rendi salda. R.
Seconda Lettura La parola di Dio discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Dalla lettera agli Ebrei Eb 4,12-13
La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. (Mt 5,3)
Alleluia.
Vangelo Vendi quello che hai e seguimi.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 10,17-30
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
La Liturgia di oggi ci propone l’incontro tra Gesù e un uomo che «possedeva molti beni» (Mc 10,22) e che è passato alla storia come “il giovane ricco” (cfr Mt 19,20-22). Non sappiamo il nome. Il Vangelo di Marco, in realtà, parla di lui come di «un tale», senza dirne l’età e il nome, a suggerirci che in quell’uomo possiamo vederci tutti, come in uno specchio. Il suo incontro con Gesù, infatti, ci permette di fare un test sulla fede. Io mi faccio, leggendo questo, un test sulla mia fede.
Quel tale esordisce con una domanda: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?» (v. 17). Notiamo i verbi che utilizza: dover fare – per avere. Ecco la sua religiosità: un dovere, un fare per avere; “faccio qualcosa per ottenere quel che mi serve”. Ma questo è un rapporto commerciale con Dio, un do ut des. La fede, invece, non è un rito freddo e meccanico, un “devo-faccio-ottengo”. È questione di libertà e di amore. La fede è questione di libertà, è questione di amore. Ecco un primo test: che cos’è per me la fede? Se è principalmente un dovere o una moneta di scambio, siamo fuori strada, perché la salvezza è un dono e non un dovere, è gratuita e non si può comprare. La prima cosa da fare è liberarci di una fede commerciale e meccanica, che insinua l’immagine falsa di un Dio contabile, un Dio controllore, non padre. E tante volte nella vita possiamo vivere questo rapporto di fede “commerciale”: io faccio questo perché Dio mi dia questo.
Gesù – secondo passaggio – aiuta quel tale offrendogli il volto vero di Dio. Infatti – dice il testo – «fissò lo sguardo su di lui» e «lo amò» (v. 21): questo è Dio! Ecco da dove nasce e rinasce la fede: non da un dovere, non da qualcosa da fare o pagare, ma da uno sguardo di amore da accogliere. Così la vita cristiana diventa bella, se non si basa sulle nostre capacità e sui nostri progetti, ma si basa sullo sguardo di Dio. La tua fede, la mia fede è stanca? Vuoi rinvigorirla? Cerca lo sguardo di Dio: mettiti in adorazione, lasciati perdonare nella Confessione, stai davanti al Crocifisso. Insomma, lasciati amare da Lui. Questo è l’inizio della fede: lasciarsi amare da Lui, che è padre.
Dopo la domanda e lo sguardo c’è – terzo e ultimo passaggio – un invito di Gesù, che dice: «Una cosa sola ti manca». Che cosa mancava a quell’uomo ricco? Il dono, la gratuità: «Va’, vendi quello che hai, dallo ai poveri» (v. 21). È quello che forse manca anche a noi. Spesso facciamo il minimo indispensabile, mentre Gesù ci invita al massimo possibile. Quante volte ci accontentiamo dei doveri – i precetti, qualche preghiera e tante cose così – mentre Dio, che ci dà la vita, ci domanda slanci di vita! Nel Vangelo di oggi si vede bene questo passaggio dal dovere al dono; Gesù inizia ricordando i comandamenti: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare…» e così via (v. 19), e arriva alla proposta positiva: “Va’, vendi, dona, seguimi!” (cfr v. 21). La fede non può limitarsi ai no, perché la vita cristiana è un sì, un sì d’amore.
Cari fratelli e sorelle, una fede senza dono, una fede senza gratuità è una fede incompleta, è una fede debole, una fede ammalata. Potremmo paragonarla a un cibo ricco e nutriente a cui però manca sapore, o a una partita più o meno ben giocata ma senza gol: no, non va, manca il “sale”. Una fede senza dono, senza gratuità, senza opere di carità alla fine rende tristi: come quel tale che, pur guardato con amore da Gesù in persona, tornò a casa «rattristato» e «scuro in volto» (v. 22). Oggi possiamo domandarci: “A che punto sta la mia fede? La vivo come una cosa meccanica, come un rapporto di dovere o di interesse con Dio? Mi ricordo di alimentarla lasciandomi guardare e amare da Gesù?”. Lasciarsi guardare e amare da Gesù; lasciare che Gesù ci guardi, ci ami. “E, attirato da Lui, corrispondo con la gratuità, con generosità, con tutto il cuore?”.
--->La Vergine Maria, che ha detto a Dio un sì totale, un sì senza ma – non è facile dire dei sì senza ma: la Vergine ha fatto così, un sì senza ma – ci faccia assaporare la bellezza di fare della vita un dono.
BENEDETTO XVI - ANGELUS - Piazza San Pietro - Domenica, 14 ottobre 2012 Il Vangelo di questa domenica (Mc 10,17-30) ha come tema principale quello della ricchezza. Gesù insegna che per un ricco è molto difficile entrare nel REGNO di DIO, ma non impossibile; infatti, Dio può conquistare il CUORE di una persona che possiede molti beni e spingerla alla solidarietà e alla condivisione con chi è bisognoso, con i poveri, ad entrare cioè nella logica del dono. In questo modo essa si pone sulla via di Gesù Cristo, il quale – come scrive l’apostolo Paolo – «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). Come spesso avviene nei Vangeli, tutto prende spunto da un incontro: quello di Gesù con un tale che «possedeva molti beni» (Mc 10,22). Costui era una persona che fin dalla sua giovinezza osservava fedelmente tutti i COMANDAMENTI della Legge di Dio, ma non aveva ancora trovato la vera felicità; e per questo domanda a Gesù come fare per «avere in eredità la VITA ETERNA» (v. 17). Da una parte egli è attratto, come tutti, dalla pienezza della vita; dall’altra, essendo abituato a contare sulle proprie ricchezze, pensa che anche la VITA ETERNA si possa in qualche modo «acquistare», magari osservando un comandamento speciale. Gesù coglie il desiderio profondo che c’è in quella persona, e – annota l’evangelista – fissa su di lui uno SGUARDO pieno d’AMORE: lo SGUARDO di Dio (cfr v. 21). Ma Gesù capisce anche qual è il punto debole di quell’uomo: è proprio il suo attaccamento ai suoi molti beni; e perciò gli propone di dare tutto ai poveri, così che il suo tesoro – e quindi il suo CUORE – non sia più sulla terra, ma in cielo, e aggiunge: «Vieni! Seguimi!» (v. 22). Quel tale, però, invece di accogliere con gioia l’invito di Gesù, se ne va via rattristato (cfr v. 23), perché non riesce a distaccarsi dalle sue ricchezze, che non potranno mai dargli la felicità e la VITA ETERNA. E’ a questo punto che Gesù dà ai discepoli – e anche a noi oggi – il suo insegnamento: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel REGNO di DIO!» (v. 23). A queste parole, i discepoli rimasero sconcertati; e ancora di più dopo che Gesù ebbe aggiunto: «E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel REGNO di DIO». Ma, vedendoli attoniti, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio» (cfr vv. 24-27). Così commenta San Clemente di Alessandria: «La parabola insegni ai ricchi che non devono trascurare la loro salvezza come se fossero già condannati, né devono buttare a mare la ricchezza né condannarla come insidiosa e ostile alla vita, ma devono imparare in quale modo usare la ricchezza e procurarsi la vita» (Quale ricco si salverà?, 27, 1-2). La storia della Chiesa è piena di esempi di persone ricche, che hanno usato i propri beni in modo evangelico, raggiungendo anche la santità. Pensiamo solo a san Francesco, a santa Elisabetta d’Ungheria o a san Carlo Borromeo. La Vergine Maria, Sede della SAPIENZA, ci aiuti ad accogliere con gioia l’invito di Gesù, per entrare nella pienezza della vita.
PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA -- OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II - Strasburgo - 9 ottobre 1988
La PAROLA DI DIO è venuta incontro alle opere umane. Essa è entrata nel “lavoro” dell’uomo. Essa ha penetrato il corso della sua storia umana. Essa si è manifestata nella cultura dell’uomo. Qui, ...al centro del continente europeo, noi non cessiamo di essere testimoni di questo incontro: dell’incontro del Verbo eterno, in cui Dio si manifesta come SAPIENZA e AMORE, con la PAROLA umana, con il lavoro umano, con la cultura dei popoli, con la storia dell’uomo. ... 4. La PAROLA DI DIO penetra . . . Essa non resta al di fuori dell’uomo, né al di fuori delle sue opere, e delle sue azioni, né al di fuori della cultura e della storia. Dopo essersi rivelata, dopo essersi pronunciata nella nostra storia, essa continua a parlare. Essa continua ad operare. Essa crea la più profonda dimensione delle azioni umane. Non cessa di sfidare l’uomo. Tali sfide appartengono all’autenticità dell’immagine e della somiglianza di Dio, che l’uomo incarna. Dio stesso come Creatore e Redentore le presenta all’uomo. Al tempo stesso le sfide di Dio sono tali che l’uomo deve rivolgerle a se stesso. La coscienza dell’uomo deve considerarle come proprie, se è retta e fedele alla verità. 5. Ogni uomo . . . L’uomo . . . di questo Paese, di questo continente . . . a chi somiglia? Non somiglia al giovane uomo ricco di cui parla oggi il Vangelo? Quando noi sentiamo che questo giovane uomo “è accorso verso lui” (verso Cristo), che si è messo in ginocchio e gli ha domandato “cosa devo fare per avere la VITA ETERNA?” (Mc 10, 17), allora in questo atteggiamento e in questa domanda si manifesta tutta la giovinezza degli uomini, dei popoli, delle nazioni e della società nel nostro continente. Essi sono corsi incontro a Cristo con la stessa domanda del giovane del Vangelo. Essi l’hanno chiamato “Maestro buono” e Cristo ha risposto: “Nessuno è buono, se non Dio solo” (Mc 10, 18). In tal modo, egli li ha guidati verso il Padre che lo ha mandato. E gli uomini, i popoli, le nazioni del nostro vecchio continente hanno accolto, nel loro passato storico, la verità su Dio che è buono, che è AMORE. Allora Cristo, attraverso gli apostoli Paolo e Pietro, maestri ed educatori, ha ricordato ai nostri antenati e ai nostri padri i COMANDAMENTI: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre” (Mc 10, 19). Principi immutabili della SAPIENZA divina senza i quali la vita umana non è più veramente umana. 6. Questi stessi principi, Cristo ce li ricorda alla fine del secondo millennio. Possiamo rispondere come il Giovane del Vangelo: “Ho osservato tutti questi COMANDAMENTI”? (Mc 10, 20). Tutti questi COMANDAMENTI, li osservo? In Europa, continente “cristiano”, il senso morale si indebolisce, la stessa PAROLA “comandamento” è spesso rifiutata. In nome della libertà, le norme sono rifiutate, l’insegnamento morale della Chiesa è ignorato. Quando Cristo ricorda al giovane i COMANDAMENTI è una PAROLA di SAPIENZA che egli pronuncia. Come potremmo essere veramente liberi senza basare il nostro comportamento su questa PAROLA di verità? Come potremmo dare la sua pienezza di significato alla nostra vita, senza legare i nostri atti alla SAPIENZA e fare la scelta del bene? Una libertà che rifiutasse i principi della PAROLA DI DIO e le linee di condotta stabilite dalla Chiesa sarebbe incapace di fondare la sua azione su dei valori morali incontestabili. La verità dell’AMORE, della giustizia, del]a dignità della vita è in Dio creatore, rivelato dal suo Figlio venuto a portare all’uomo la PAROLA del Padre suo, che solo è buono (cf. Mc 10, 18). I discepoli di Cristo oggi non possono ignorare i COMANDAMENTI, quando si tratta di esigenze essenziali della purezza e della fedeltà dell’AMORE coniugale, del rispetto della vita, della giustizia e della fraterna condivisione, dell’accoglienza dello straniero, del rifiuto dell’odio e della menzogna, della concreta solidarietà con i poveri e coloro che soffrono.
FAUSTI - “Tutto è possibile presso Dio” , risponde Gesù ai discepoli, quando finalmente capiscono che nessuno può salvarsi.Infatti siamo tutti ricchi, sprovvisti della povertà del bambino, indispensabile per accogliere il Regno. Ma riconoscere tale impossibilità è già principio di salvezza. Infatti constatare la propria perdizione significa essere ridotti alla povertà estrema, condizione necessaria per accettare che solo Dio salva. Il racconto si divide in tre scene. La prima ci presenta un ricco, che oltre le buone intenzioni per entrare nel Regno, sembra avere tutti i requisiti. Tranne però quello fondamentale , che è amare Dio e i fratelli sopra ogni cosa. L'incontro con Gesù gli renderà possibile l'impossibile,facendogli riconosere l Signore e liberandolo dall'idolo che lo schiavizza? Gesù cerca di metterlo su questa strada , dicendogli che Dio solo è buono, e che ora può lasciare tutto e decidersi a seguirlo. Ma l'attaccamento ai suoi beni lo rende cieco. Nell'alternativa Dio/mammona, sceglie mammona. Alla fine, invece della gioia di chi ha trovato il tesoro, ha la tristezza di chi si sa perduto. Il Signore, come dà gioia nel bene, così dà tristezza nel male perché ci si ravveda. La seconda scena ci presenta le dichiarazioni di Gesù sull'impossibilità della salvezza , e lo stupore costernato dei discepoli. Tutti siamo troppo grandi per entrare nel Regno dei bambini : siamo cammelli che tentano buffamente di passare per la cruna di un ago. Riconoscere questa impossibilità ci fa piccoli.Più siamo ricchi, più ci scopriamo incapaci e poveri davanti a ciò che conta. La terza scena ci presenta la constatazione meravigliata di Pietro : come mai i discepolin hanno seguito il Signore , compiendo quel passo che fa entrare nel Regno? La Sua chiamata e la Sua Parola li ha resi poveri e piccoli, facendoloro scoprire il tesoro inestimabile per il quale si lascia tutto. Il discepolo è colui che nel Suo sguardo ha scoperto l'unico bene. Conquistato dal Signore, come Paolo,lascia perdere tutto e corre per conquistarlo. Il suo rapporto con le cose torna ad essere come era al principio, secondo il disegno di Dio ; libero dall'idolatria, le vive come dono, ricevendole dal Padre e condividendole con i fratelli. Il Regno è amare Gesù che si è fatto nostro fratello per poter essere incontrato e baciato da noi. E si è fatto ultimo di tutti, perché amando il più povero, amiamo Lui; e amando Lui, amiamo tutti.
7 commenti:
Se consideri le colpe, o Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Con te è il perdono, Dio d’Israele. ( Sal 129,3-4)
O Dio, nostro Padre,
che conosci i sentimenti e i pensieri del cuore,
donaci di amare sopra ogni cosa Gesù Cristo, tuo Figlio,
perché, valutando con sapienza i beni di questo mondo,
diventiamo liberi e poveri per il tuo regno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Prima Lettura
Al confronto della sapienza stimai un nulla la ricchezza.
Dal libro della Sapienza
Sap 7,7-11
Pregai e mi fu elargita la prudenza,
implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia
e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento.
L'ho amata più della salute e della bellezza,
ho preferito avere lei piuttosto che la luce,
perché lo splendore che viene da lei non tramonta.
Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale
Dal Sal 89 (90)
R. Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi! R.
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti,
per gli anni in cui abbiamo visto il male. R.
Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
e il tuo splendore ai loro figli.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l'opera delle nostre mani,
l'opera delle nostre mani rendi salda. R.
Seconda Lettura
La parola di Dio discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Dalla lettera agli Ebrei
Eb 4,12-13
La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli. (Mt 5,3)
Alleluia.
Vangelo
Vendi quello che hai e seguimi.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,17-30
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
Parola del Signore.
PAPA FRANCESCO
ANGELUS 10 ottobre 2021
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
La Liturgia di oggi ci propone l’incontro tra Gesù e un uomo che «possedeva molti beni» (Mc 10,22) e che è passato alla storia come “il giovane ricco” (cfr Mt 19,20-22). Non sappiamo il nome. Il Vangelo di Marco, in realtà, parla di lui come di «un tale», senza dirne l’età e il nome, a suggerirci che in quell’uomo possiamo vederci tutti, come in uno specchio. Il suo incontro con Gesù, infatti, ci permette di fare un test sulla fede. Io mi faccio, leggendo questo, un test sulla mia fede.
Quel tale esordisce con una domanda: «Che cosa devo fare per avere la vita eterna?» (v. 17). Notiamo i verbi che utilizza: dover fare – per avere. Ecco la sua religiosità: un dovere, un fare per avere; “faccio qualcosa per ottenere quel che mi serve”. Ma questo è un rapporto commerciale con Dio, un do ut des. La fede, invece, non è un rito freddo e meccanico, un “devo-faccio-ottengo”. È questione di libertà e di amore. La fede è questione di libertà, è questione di amore. Ecco un primo test: che cos’è per me la fede? Se è principalmente un dovere o una moneta di scambio, siamo fuori strada, perché la salvezza è un dono e non un dovere, è gratuita e non si può comprare. La prima cosa da fare è liberarci di una fede commerciale e meccanica, che insinua l’immagine falsa di un Dio contabile, un Dio controllore, non padre. E tante volte nella vita possiamo vivere questo rapporto di fede “commerciale”: io faccio questo perché Dio mi dia questo.
Gesù – secondo passaggio – aiuta quel tale offrendogli il volto vero di Dio. Infatti – dice il testo – «fissò lo sguardo su di lui» e «lo amò» (v. 21): questo è Dio! Ecco da dove nasce e rinasce la fede: non da un dovere, non da qualcosa da fare o pagare, ma da uno sguardo di amore da accogliere. Così la vita cristiana diventa bella, se non si basa sulle nostre capacità e sui nostri progetti, ma si basa sullo sguardo di Dio. La tua fede, la mia fede è stanca? Vuoi rinvigorirla? Cerca lo sguardo di Dio: mettiti in adorazione, lasciati perdonare nella Confessione, stai davanti al Crocifisso. Insomma, lasciati amare da Lui. Questo è l’inizio della fede: lasciarsi amare da Lui, che è padre.
Dopo la domanda e lo sguardo c’è – terzo e ultimo passaggio – un invito di Gesù, che dice: «Una cosa sola ti manca». Che cosa mancava a quell’uomo ricco? Il dono, la gratuità: «Va’, vendi quello che hai, dallo ai poveri» (v. 21). È quello che forse manca anche a noi. Spesso facciamo il minimo indispensabile, mentre Gesù ci invita al massimo possibile. Quante volte ci accontentiamo dei doveri – i precetti, qualche preghiera e tante cose così – mentre Dio, che ci dà la vita, ci domanda slanci di vita! Nel Vangelo di oggi si vede bene questo passaggio dal dovere al dono; Gesù inizia ricordando i comandamenti: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare…» e così via (v. 19), e arriva alla proposta positiva: “Va’, vendi, dona, seguimi!” (cfr v. 21). La fede non può limitarsi ai no, perché la vita cristiana è un sì, un sì d’amore.
Cari fratelli e sorelle, una fede senza dono, una fede senza gratuità è una fede incompleta, è una fede debole, una fede ammalata. Potremmo paragonarla a un cibo ricco e nutriente a cui però manca sapore, o a una partita più o meno ben giocata ma senza gol: no, non va, manca il “sale”. Una fede senza dono, senza gratuità, senza opere di carità alla fine rende tristi: come quel tale che, pur guardato con amore da Gesù in persona, tornò a casa «rattristato» e «scuro in volto» (v. 22). Oggi possiamo domandarci: “A che punto sta la mia fede? La vivo come una cosa meccanica, come un rapporto di dovere o di interesse con Dio? Mi ricordo di alimentarla lasciandomi guardare e amare da Gesù?”. Lasciarsi guardare e amare da Gesù; lasciare che Gesù ci guardi, ci ami. “E, attirato da Lui, corrispondo con la gratuità, con generosità, con tutto il cuore?”.
--->La Vergine Maria, che ha detto a Dio un sì totale, un sì senza ma – non è facile dire dei sì senza ma: la Vergine ha fatto così, un sì senza ma – ci faccia assaporare la bellezza di fare della vita un dono.
BENEDETTO XVI - ANGELUS - Piazza San Pietro - Domenica, 14 ottobre 2012
Il Vangelo di questa domenica (Mc 10,17-30) ha come tema principale quello della ricchezza. Gesù insegna che per un ricco è molto difficile entrare nel REGNO di DIO, ma non impossibile; infatti, Dio può conquistare il CUORE di una persona che possiede molti beni e spingerla alla solidarietà e alla condivisione con chi è bisognoso, con i poveri, ad entrare cioè nella logica del dono. In questo modo essa si pone sulla via di Gesù Cristo, il quale – come scrive l’apostolo Paolo – «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9).
Come spesso avviene nei Vangeli, tutto prende spunto da un incontro: quello di Gesù con un tale che «possedeva molti beni» (Mc 10,22). Costui era una persona che fin dalla sua giovinezza osservava fedelmente tutti i COMANDAMENTI della Legge di Dio, ma non aveva ancora trovato la vera felicità; e per questo domanda a Gesù come fare per «avere in eredità la VITA ETERNA» (v. 17). Da una parte egli è attratto, come tutti, dalla pienezza della vita; dall’altra, essendo abituato a contare sulle proprie ricchezze, pensa che anche la VITA ETERNA si possa in qualche modo «acquistare», magari osservando un comandamento speciale. Gesù coglie il desiderio profondo che c’è in quella persona, e – annota l’evangelista – fissa su di lui uno SGUARDO pieno d’AMORE: lo SGUARDO di Dio (cfr v. 21). Ma Gesù capisce anche qual è il punto debole di quell’uomo: è proprio il suo attaccamento ai suoi molti beni; e perciò gli propone di dare tutto ai poveri, così che il suo tesoro – e quindi il suo CUORE – non sia più sulla terra, ma in cielo, e aggiunge: «Vieni! Seguimi!» (v. 22). Quel tale, però, invece di accogliere con gioia l’invito di Gesù, se ne va via rattristato (cfr v. 23), perché non riesce a distaccarsi dalle sue ricchezze, che non potranno mai dargli la felicità e la VITA ETERNA.
E’ a questo punto che Gesù dà ai discepoli – e anche a noi oggi – il suo insegnamento: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel REGNO di DIO!» (v. 23). A queste parole, i discepoli rimasero sconcertati; e ancora di più dopo che Gesù ebbe aggiunto: «E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel REGNO di DIO». Ma, vedendoli attoniti, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio» (cfr vv. 24-27). Così commenta San Clemente di Alessandria: «La parabola insegni ai ricchi che non devono trascurare la loro salvezza come se fossero già condannati, né devono buttare a mare la ricchezza né condannarla come insidiosa e ostile alla vita, ma devono imparare in quale modo usare la ricchezza e procurarsi la vita» (Quale ricco si salverà?, 27, 1-2). La storia della Chiesa è piena di esempi di persone ricche, che hanno usato i propri beni in modo evangelico, raggiungendo anche la santità. Pensiamo solo a san Francesco, a santa Elisabetta d’Ungheria o a san Carlo Borromeo. La Vergine Maria, Sede della SAPIENZA, ci aiuti ad accogliere con gioia l’invito di Gesù, per entrare nella pienezza della vita.
PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA -- OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II - Strasburgo - 9 ottobre 1988
La PAROLA DI DIO è venuta incontro alle opere umane. Essa è entrata nel “lavoro” dell’uomo. Essa ha penetrato il corso della sua storia umana. Essa si è manifestata nella cultura dell’uomo.
Qui, ...al centro del continente europeo, noi non cessiamo di essere testimoni di questo incontro: dell’incontro del Verbo eterno, in cui Dio si manifesta come SAPIENZA e AMORE, con la PAROLA umana, con il lavoro umano, con la cultura dei popoli, con la storia dell’uomo. ...
4. La PAROLA DI DIO penetra . . . Essa non resta al di fuori dell’uomo, né al di fuori delle sue opere, e delle sue azioni, né al di fuori della cultura e della storia.
Dopo essersi rivelata, dopo essersi pronunciata nella nostra storia, essa continua a parlare. Essa continua ad operare. Essa crea la più profonda dimensione delle azioni umane. Non cessa di sfidare l’uomo. Tali sfide appartengono all’autenticità dell’immagine e della somiglianza di Dio, che l’uomo incarna. Dio stesso come Creatore e Redentore le presenta all’uomo. Al tempo stesso le sfide di Dio sono tali che l’uomo deve rivolgerle a se stesso. La coscienza dell’uomo deve considerarle come proprie, se è retta e fedele alla verità.
5. Ogni uomo . . . L’uomo . . . di questo Paese, di questo continente . . . a chi somiglia? Non somiglia al giovane uomo ricco di cui parla oggi il Vangelo?
Quando noi sentiamo che questo giovane uomo “è accorso verso lui” (verso Cristo), che si è messo in ginocchio e gli ha domandato “cosa devo fare per avere la VITA ETERNA?” (Mc 10, 17), allora in questo atteggiamento e in questa domanda si manifesta tutta la giovinezza degli uomini, dei popoli, delle nazioni e della società nel nostro continente.
Essi sono corsi incontro a Cristo con la stessa domanda del giovane del Vangelo. Essi l’hanno chiamato “Maestro buono” e Cristo ha risposto: “Nessuno è buono, se non Dio solo” (Mc 10, 18). In tal modo, egli li ha guidati verso il Padre che lo ha mandato. E gli uomini, i popoli, le nazioni del nostro vecchio continente hanno accolto, nel loro passato storico, la verità su Dio che è buono, che è AMORE.
Allora Cristo, attraverso gli apostoli Paolo e Pietro, maestri ed educatori, ha ricordato ai nostri antenati e ai nostri padri i COMANDAMENTI: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre” (Mc 10, 19). Principi immutabili della SAPIENZA divina senza i quali la vita umana non è più veramente umana.
6. Questi stessi principi, Cristo ce li ricorda alla fine del secondo millennio. Possiamo rispondere come il Giovane del Vangelo: “Ho osservato tutti questi COMANDAMENTI”? (Mc 10, 20). Tutti questi COMANDAMENTI, li osservo?
In Europa, continente “cristiano”, il senso morale si indebolisce, la stessa PAROLA “comandamento” è spesso rifiutata. In nome della libertà, le norme sono rifiutate, l’insegnamento morale della Chiesa è ignorato.
Quando Cristo ricorda al giovane i COMANDAMENTI è una PAROLA di SAPIENZA che egli pronuncia. Come potremmo essere veramente liberi senza basare il nostro comportamento su questa PAROLA di verità? Come potremmo dare la sua pienezza di significato alla nostra vita, senza legare i nostri atti alla SAPIENZA e fare la scelta del bene?
Una libertà che rifiutasse i principi della PAROLA DI DIO e le linee di condotta stabilite dalla Chiesa sarebbe incapace di fondare la sua azione su dei valori morali incontestabili.
La verità dell’AMORE, della giustizia, del]a dignità della vita è in Dio creatore, rivelato dal suo Figlio venuto a portare all’uomo la PAROLA del Padre suo, che solo è buono (cf. Mc 10, 18).
I discepoli di Cristo oggi non possono ignorare i COMANDAMENTI, quando si tratta di esigenze essenziali della purezza e della fedeltà dell’AMORE coniugale, del rispetto della vita, della giustizia e della fraterna condivisione, dell’accoglienza dello straniero, del rifiuto dell’odio e della menzogna, della concreta solidarietà con i poveri e coloro che soffrono.
FAUSTI - “Tutto è possibile presso Dio” , risponde Gesù ai discepoli, quando finalmente capiscono che nessuno può salvarsi.Infatti siamo tutti ricchi, sprovvisti della povertà del bambino, indispensabile per accogliere il Regno. Ma riconoscere tale impossibilità è già principio di salvezza. Infatti constatare la propria perdizione significa essere ridotti alla povertà estrema, condizione necessaria per accettare che solo Dio salva.
Il racconto si divide in tre scene.
La prima ci presenta un ricco, che oltre le buone intenzioni per entrare nel Regno, sembra avere tutti i requisiti. Tranne però quello fondamentale , che è amare Dio e i fratelli sopra ogni cosa.
L'incontro con Gesù gli renderà possibile l'impossibile,facendogli riconosere l Signore e liberandolo dall'idolo che lo schiavizza? Gesù cerca di metterlo su questa strada , dicendogli che Dio solo è buono, e che ora può lasciare tutto e decidersi a seguirlo.
Ma l'attaccamento ai suoi beni lo rende cieco. Nell'alternativa Dio/mammona, sceglie mammona.
Alla fine, invece della gioia di chi ha trovato il tesoro, ha la tristezza di chi si sa perduto.
Il Signore, come dà gioia nel bene, così dà tristezza nel male perché ci si ravveda.
La seconda scena ci presenta le dichiarazioni di Gesù sull'impossibilità della salvezza , e lo stupore costernato dei discepoli. Tutti siamo troppo grandi per entrare nel Regno dei bambini : siamo cammelli che tentano buffamente di passare per la cruna di un ago.
Riconoscere questa impossibilità ci fa piccoli.Più siamo ricchi, più ci scopriamo incapaci e poveri davanti a ciò che conta.
La terza scena ci presenta la constatazione meravigliata di Pietro : come mai i discepolin hanno seguito il Signore , compiendo quel passo che fa entrare nel Regno?
La Sua chiamata e la Sua Parola li ha resi poveri e piccoli, facendoloro scoprire il tesoro inestimabile per il quale si lascia tutto.
Il discepolo è colui che nel Suo sguardo ha scoperto l'unico bene.
Conquistato dal Signore, come Paolo,lascia perdere tutto e corre per conquistarlo.
Il suo rapporto con le cose torna ad essere come era al principio, secondo il disegno di Dio ;
libero dall'idolatria, le vive come dono, ricevendole dal Padre e condividendole con i fratelli.
Il Regno è amare Gesù che si è fatto nostro fratello per poter essere incontrato e baciato da noi.
E si è fatto ultimo di tutti, perché amando il più povero, amiamo Lui; e amando Lui, amiamo tutti.
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